ALBANIA 2002
di
Franco Zanghì
L'inverno scorso abbiamo fatto amicizia con alcuni ragazzi
albanesi e ci hanno parlato così tanto della loro
terra fino a farci venire voglia di un viaggio.
A dire il vero non abbiamo creduto ai racconti dei nostri
amici, ma volendo fare comunque una vacanza nei Balcani,
abbiamo deciso di andare in Albania.
Dobbiamo ammetterlo: siamo partiti carichi di pregiudizi.
Del resto dell'Albania sapevamo quello che la televisione
ci aveva voluto mostrare.
Partiamo per la terra delle aquile quando l'estate è
quasi finita. Ci imbarchiamo dal porto di Bari e la mattina
dopo siamo a Durazzo.
Quello che vediamo dal ponte della nave è più
o meno quello che ci aspettavamo di vedere. Anche il primo
approccio con la città non ci dice nulla che non
avessimo già immaginato.
Ci fermiamo a fare rifornimento e al momento di pagare entriamo
in contatto diretto con la realtà locale, che continuiamo
a vedere distorta. Chiediamo di poter pagare in euro e il
benzinaio accordandoci il pagamento ci informa sul cambio:
10 euro valgono 13 mila e 500 lek, ma al momento del resto
ce ne dà soltanto il 10%. Pensiamo che voglia truffarci.
Ma siccome non si tratta di una cifra importante e poiché
non siamo sicuri di aver capito bene facciamo finta che
tutto sia ok.
Non abbiamo ancora deciso quale zona visitare per prima,
tra i nostri appunti ci sono almeno una decina di posti
che vorremmo vedere. Intanto però, visto che soprattutto
vogliamo sentirci in vacanza, non possiamo perderci l'opportunità
di passare qualche ora in spiaggia.
Via via che osserviamo le persone, il nostro atteggiamento
difensivo comincia ad attenuarsi. Osserviamo le persone
sulla spiaggia, i ragazzi, le donne - peraltro alcune veramente
molto belle - le mamme i bambini. Tutto ci sembra famigliare.
Cominciamo a sentirci in colpa per aver pensato male. Ci
aspettavamo non so cosa, ma qui tutto è normale.
Dopo una breve permanenza sulla spiaggia di Durazzo ci dirigiamo
verso Tirana, dopo un po' siamo già nella capitale.
Tirana è una città tranquilla, ordinata e
ben lontana da quelle immagini che noi abbiamo in mente.
Finalmente troviamo quell' Albania che conosciamo. Questa
strada è stata mostrata in televisione decine e decine
di volte.
Pensavamo che l'intera capitale fosse in queste condizioni.
E invece no! Forse questa è l'unica strada della
città ridotta così.
Compriamo
qualcosa da mangiare e qui comprendiamo il mistero del 10%:
hanno cambiato da poco la vecchia moneta con quella pesante,
ma ancora nel linguaggio comune si parla in vecchia moneta,
mentre invece si intende quella nuova, però i vecchi
soldi sono ancora in circolazione e noi non abbiamo capito
come distinguerli.
L'etimo
di Tirana è Teheran, nome che le diete un generale
turco all'inizio del 17° secolo quando la fondò.
Tirana fu proclamata capitale solo nel 1920, alcuni degli
edifici sono stati realizzati da architetti italiani, come
la banca nazionale costruita nel 1937. Un po' ovunque si
costruiscono nuovi palazzi. Negli ultimi anni la popolazione
della città si è quasi triplicata. Oggi ci
vivono circa 500 mila persone.
Man mano che andiamo in giro per la città ci convinciamo
della buona qualità della vita e della tranquillità
dei suoi abitanti. La gente ci sembra felice, e pare che
non si senta per nulla stressata.
La sera passiamo qualche ora in un bar del centro.
L'indomani partiamo puntando a sud. Poco dopo una pattuglia
della polizia stradale ci ferma e approfittando della gentilezza
di una simpaticissima poliziotta chiediamo informazioni
circa il nostro itinerario.
La poliziotta parla bene la nostra lingua e ci dice che
le piacerebbe visitare l'Italia, ma con i suoi 60 euro al
mese di stipendio non può permettersi il viaggio
- E poi aggiunge che comunque non le darebbero il visto
per entrare in Italia.
Siamo
diretti a Berat. Facciamo un giro un po' più lungo
e attraversiamo un'ampia zona agricola.
Arrivati a Berat ci fermiamo in bar per un caffè.
All'interno c'è una macchina per l'espresso, ma ci
sono problemi d'energia elettrica. Noi abbiamo una piccola
caffettiera, sappiamo che qui non è tanto conosciuta,
quindi facciamo sfoggio della nostra tecnologia. Il barista
è incuriosito dal funzionamento della moka
ma la moglie la conosce già ci dice che ne ha vista
una nel film "il commissario Cattani" supponiamo
si tratti della piovra. Ci chiedono se anche noi siamo mafiosi.
La domanda non ci sorprende più di tanto. Capita
spesso agli italiani all'estero. Naturalmente rispondiamo
di si: "certo che siamo mafiosi!" Quasi tutti
gli italiani lo siamo.
Nel
fiume ci sono dei ragazzini che pescano, si avvicinano e
scherzano un po' con noi.
Berat, oggi sotto il patrocinio dell'Unesco, è un
interessante sito turistico.
E' chiamata la città dalle mille finestre.
Nel corso dei suoi 2 mila e 400 anni di storia la città
è stata tra le più importanti e popolose dell'Albania.
Facciamo un giro nell'incantevole centro storico e rimaniamo
sorpresi dalla cura con cui viene conservato.
Proseguendo
la nostra marcia verso sud, entriamo nel cuore agricolo
dell'Albania.
Sulla
strada incontriamo continuamente pozzi di petrolio. Ma le
pompe sono quasi tutte ferme, poi ci dicono che il petrolio
è finito, ma se il governo vuole sa come fare per
estrarne ancora. Comunque qualche pompa funziona.
Qui siamo a Gjirokaster, città dell'Albania meridionale
fondata dai veneziani, particolarmente interessante per
gli aspetti storici e architettonici.
Facciamo una passeggiata nella città vecchia e ammiriamo
le case con dei caratteristici tetti ricoperti con grosse
lastre di pietra. Il centro è pieno di vita e la
gente è allegra. Un po' ovunque ci sono questi cambiavalute.
Chiediamo a quant'è il cambio e ci confermano 135
Lek per un euro.
Un violinista per 100 lek ci suona un celebre brano, anzi
due: uno lo sceglierà lui e uno noi.
Girocaster subì l'occupazione italiana dal 39 al
41 e quando l'Italia firmò l'armistizio con gli alleati,
centinaia di nostri soldati si salvarono grazie all'aiuto
degli abitanti di questa città che li nascosero alle
sanguinarie truppe del Furer.
Girocaster è anche la città dove nel 1908
nacque Enver Hoxha: il dittatore che, negli oltre 40 anni
di regime, fu un po' filo-sovietico e un po' filo-cinese
col risultato che tenne l'Albania isolata dal resto del
mondo. La piazza principale della città ospitava
una sua statua che nel 91 dopo la caduta del regime venne
abbattuta dagli abitanti.
Visitiamo la fortezza medievale di Agirocastro, qui conosciamo
una turista albanese che vive in Italia. Chiacchieriamo
un po' con lei e ci dice che purtroppo a causa di alcuni
albanesi che vivono all'estero la sua terra si è
fatta una cattiva e immeritata fama nel mondo.
Qui secondo una leggenda locale, in un solitario castello
viveva una principessa molto amata dai suoi sudditi, e quando
i turchi s'impadronirono della città, la principessa
prese in braccio la sua bambina e si buttò da un
precipizio e nel punto dove cadde sgorgò una sorgente
che ancora spumeggia come bianco latte. Il popolo ritenne
che quelle dense e bianche spume siano il latte della principessa
che continua a nutrire la sua bambina. Oggi le donne che
hanno difficoltà ad allattare immergono il busto
in questa acqua. Ma il custode del castello ci dice che
è solo una favola e che in realtà non esiste
nulla di tutto ciò.
Lasciamo Gijrokastrer e ci dirigiamo verso mare. Attraversiamo
una zona montuosa del sud dell'Albania. Sulla strada verso
Sarande, solo per caso, scopriamo un posto fantastico. Gli
albanesi lo chiamano L'OCCHIO AZZURRO, paghiamo una modesta
somma ed entriamo in questa riserva naturale. Sappiamo soltanto
che si tratta di un posto che merita una visita. Il paesaggio
è incantevole, ma poi più avanti scopriamo
qualcosa d'inestimabile bellezza: un'immensa sorgente d'acqua
cristallina circondata da un paesaggio mozzafiato.
Purtroppo, però, veniamo a conoscenza anche di una
notizia che se risponde al vero c'è il rischio che
tutto questo sparisca. Una persona, che ha l'aria di sapere
quello che dice, ci informa che c'è in atto un accordo
con una regione italiana che vorrebbe costruire un acquedotto
e portare il prezioso liquido sull'altra sponda dell'Adriatico.
Sarebbe la fine di questo paradiso. Percorriamo la strada
che costeggia il fiume che nasce dall'occhio blu e arriviamo
a Sarande, importante centro turistico del sud dell'Albania
quasi al confine con la Grecia.
Siamo nei primi di Settembre e Sarande è ancora affollata
di turisti. Si tratta soprattutto d'albanesi che durante
l'anno vivono nelle zone montuose della regione. La graziosa
località non è ancora stata scoperta dai turisti
stranieri, anche se sembra essere già pronta ad ospitarli.
Sulla costa albanese arrivano le onde di una radio locale
italiana alla quale mandiamo un'sms.
Passiamo qui la notte e la mattina dopo ci dirigiamo ancora
a sud. La nostra meta di oggi è Butrinti. Ma strada
facendo ci fermiamo in questa incantevole baia. E' proprio
qui che sfocia il fiume che nasce dalla sorgente dell'Occhio
Blu. Anche questo sparirebbe con la sorgente se sarà
portato a compimento l'insano progetto di costruire l'acquedotto
tra l'Albania e l'Italia.
Questa zona di mare, quasi al confine con la Grecia è
di un'incantevole bellezza. Arriviamo nel parco archeologico
di Butrinti, per fortuna la zona è sotto la tutela
dell'Unesco. Qui per la prima volta incontriamo turisti
stranieri. Inglesi e tedeschi.
Una
leggenda tramandata da Virgilio narra che a fondare Butrinti
sia stato Eleno terzo marito di Andromaca con l'aiuto di
un gruppo di profughi troiani. La storia invece ci dice
che a fondare la città siano stati i Corciresi nel
6° secolo avanti cristo. Conquistata dai romani fu luogo
di villeggiatura per i patrizi. In seguito fu bizantina
e successivamente veneziana e infine, nel 1820, fu distrutta
dai turchi.
Lasciata Butrinti, con una zattera attraversiamo l'omonimo
lago e ci dirigiamo verso il confine con la Grecia.
Sulla carta c'è segnata una frontiera, vorremmo dare
un'occhiata al di là del confine. Ci fermiamo per
chiedere informazioni in un piccolo villaggio. Abbiamo problemi
di comunicazione, riusciamo a comprendere che è difficile
passare il confine, ma non riusciamo a capire il motivo.
Intanto si è fatta l'ora di pranzo e ci intratteniamo
nella piccola taverna del villaggio.
Dopo il pranzo partiamo per il confine greco, un ragazzo
si offre di farci da guida in cambio di una piccola mancia.
Accettiamo e ci facciamo precedere da lui.
Arrivati nei pressi della dogana la nostra guida si congeda
e ci dice che comunque secondo lui non ci faranno passare.
Infatti aveva ragione, ma almeno adesso sappiamo perchè:
la frontiera è semplicemente aperta al traffico pedonale
e non a quello delle auto.
Non ci resta che tornare indietro.
Siamo diretti a Valona, l'unica strada esistente attraversa
un'alta catena montuosa.
In
basso sulla spiaggia c'è una serie di bunker trasformati
in campeggio turistico. Per paura di un'invasione Hoxha
ne fece costruire oltre 700 mila lungo tutti i confini.
Passiamo qui la notte e l'indomani proseguiamo verso nord.
Arrivati a questo incrocio prendiamo una strada sterrata
che però ci farà risparmiare una ventina di
chilometri.
Attraversiamo luoghi veramente spettacolari, piccoli villaggi
senza tempo: potremmo essere in un lontano passato o nel
futuro. Qui nulla sembra essere definito. Solo qualche monumento
di stile sovietico ci ricorda il recente passato di questo
popolo.
Giunti a Valona facciamo un giro nella città.
Secondo le nostre informazioni Valona dovrebbe essere la
peggiore città dell'Albania, ma a noi non ci fa questa
impressione. Anzi, a parte qualche strada periferica, la
città ci sembra ben curata.
Adesso torneremo nuovamente verso Nord e saliremo fino a
Shkoder.
Prima di sera vogliamo arrivare a Shkoder. Infatti, ci arriviamo
che è ancora abbastanza presto per fare un giro per
la città. Notiamo una certa differenza con le città
del sud. Abbiamo la sensazione che qui la gente va di fretta.
Passiamo a Shkoder la notte e l'indomani dedichiamo la mattinata
alla visita della città.
Shkoder è situata sulle rive dell'omonimo lago ed
è circondata dai fiumi Drinassa, Kiri e Bojana. La
città è stata la culla della cultura albanese.
Qui nel 16° secolo fu aperta la prima tipografia di
tutta l'Albania.
Dopo numerosi assedi da parte dei turchi, la città
fu ceduta ai veneziani che insieme agli albanesi opposero
una lunga resistenza, ma nel 1479 cadde comunque in mano
turca. Gli abitanti di questa Shkoder, come del resto molti
albanesi, hanno un legame particolare con l'Italia. Una
leggenda legata a questa città, narra che il 25 aprile
del 467, nel corso di un violento scontro con i turchi,
l'immagine della Madonna di Shkoder, patrona dell'Albania,
fu presa dagli angeli che attraversarono l'Adriatico e la
portarono a Genazzano nel Lazio. Le numerose chiese, sopravvissute
alle distruzioni o alla trasformazione in moschee, da parte
dei turchi, testimoniano la fede cristiana di questa gente.
Lasciamo Shkoder e ci spingiamo ancora a nord. La destinazione
è Tefi.
Tefi è un piccolo villaggio sulle montagne. Le zone
montane abitate dai leggendari guerrieri Malsor hanno avuto,
rispetto al resto dell'Albania, una storia a parte. Il territorio
impervio e l'audacia della popolazione, quasi interamente
cristiana, hanno tenuto lontani i turchi.
Da Shkoder a Tefi occorrono cinque ore di macchina, ma ne
vale la pena. Durante il viaggio si gode di un paesaggio
di ineguagliabile bellezza. Bisogna comunque fare molta
attenzione, la strada, stretta e sconnessa, è priva
di qualsiasi protezione laterale e non permette distrazioni,
e non è facile resistere alla forte attrazione che
suscita l'eccezionale panorama.
In questa regione lo studioso Lek Dukagini raccolse in un
volume, IL CANUN (il codice della montagna) un complesso
di norme che regolavano i rapporti fra gli abitanti della
regione. La sua applicazione rimase in vigore tra le popolazioni
montane fino alla proclamazione dell'indipendenza dell'Albania
nel 1912, ma ancora oggi se ne tiene conto come codice d'onore.
Col Kanun viene applicata la parità di diritti
fra uomo e donna.
Il
disonore non si paga con denaro ma con spargimento di sangue
o col perdono.
La
casa dell'Albanese è di Dio e dell'ospite.
Si
perdona l'offesa fatta al padre, al fratello e perfino ai
cugini, ma l'offesa fatta all'ospite non si perdona mai.
Il
Kanun prevedeva anche LA BESA: (la tregua) E' legge mandare
un mediatore a chiedere una tregua ed è un dovere
concederla.
Una besa collettiva fu proclamata nel 1878 e nel corso dei
18 mesi stabiliti, in Albania non si registrò alcun
reato, nonostante il paese rimase senza alcun tipo di governo
per tutto quel tempo.
Man
mano che ci avviciniamo al piccolo villaggio di Tefi, il
paesaggio è sempre più incantevole.
Nel pomeriggio arriviamo nella piccola valle di Tefi. Per
i ragazzini del villaggio il nostro arrivo diventa occasione
di festa. Ci indicano le zone più belle da visitare,
ognuno di loro vorrebbe farcene vedere una. S'informano
sulla nostra religione e ci accompagnano a vedere la piccola
chiesa del villaggio. Molti di loro hanno fatto la cresima
quest'anno.
Qui conosciamo Ghiorg. Lui conosce qualche parola d'inglese;
ci annuncia che lo sta imparando perchè un giorno
andrà in America.
Ghiorg ci fa da guida e ci accompagna alla Katarakta, una
cascata ad un'ora di marcia dal villaggio.
Poi Ghiorg ci invita a casa sua e ci fa conoscere la propria
famiglia. Vive con le sue due sorelle Cristina e Violetta.
I loro genitori lavorano a Shkoder e in inverno anche loro
andranno a vivere in città.
Diventiamo subito amici e non ci lasciano più partire,
ci obbligano a restare lì per la notte. Noi per ricambiare
l'ospitalità cuciniamo per loro spaghetti. E' la
prima volta che Ghiorg mangia gli spaghetti, anzi ci assicura
che non li aveva mai visti prima.
La
mattina quando ci svegliamo ci sembra d'essere all'interno
di una favola. Violetta e Cristina stanno mungendo le mucche.
Violetta ci dice orgogliosa che hanno 25 pecore e 6 mucche.
Naturalmente una colazione col latte appena munto è
un lusso che non potevamo farci sfuggire.
Ci chiedono di rimanere ancora qualche giorno da loro, ma
purtroppo la vacanza in Albania per noi è finita.
Ghiorg e Cristina ci accompagnano alla macchina.
Con un nodo in gola lasciamo i nostri stupendi nuovi amici
e quelle meravigliose montagne, ma abbiamo promesso a loro,
e anche a noi stessi, che ci ritorneremo la prossima primavera.
Questo viaggio ci ha fatto veramente bene, abbiamo capito
che fino ad ora abbiamo vissuto solo di pregiudizi. Speriamo
che gli albanesi sapranno perdonarci.