Viaggiare - Diari di Viaggio


ALLA SCOPERTA DELLA NATURA OLTRE CAPO NORD

testo e foto di Marina Cioccoloni


Quasi tutti coloro che giungono nel Finmark (la regione norvegese posta più a nord, alla stessa latitudine della Siberia, Groenlandia e Alaska), hanno come meta Capo Nord: una rupe di granito di fronte all'Oceano Artico dove approdano ogni anno migliaia di viaggiatori attirati da suggestioni inspiegabili. Anche noi abbiamo deciso di arrivare a Capo Nord e per giungervi abbiamo attraversato fiordi, fiumi gelati, antichi sentieri di posta, sotto una luce che in estate non scompare mai completamente. Finalmente ci imbarchiamo sull'ultimo dei traghetti presi per arrivare fin qui. E pensiamo al prossimo anno, quando sarà possibile utilizzare il tunnel che si vede in costruzione e che sostituirà il glorioso traghetto che tanti viaggiatori ha trasportato fino alla meta.

Dopo un breve viaggio sbarchiamo nell'isola di Magerøya. E' una splendida giornata di sole e decidiamo di visitare la zona prima di giungere alla nostra meta. Dopo aver dato un'occhiata ad Honningsvåg, il centro abitato più a nord del mondo e capoluogo commerciale dell'isola, all'incrocio lasciamo la strada che porta diretto a Capo Nord e girando a sinistra partiamo alla scoperta. Poco dopo ci imbattiamo in un gruppo di renne che ci sbarra il cammino e che non ne vuol sapere di togliersi dalla strada, finché non arriva un automobilista norvegese, forse troppo avvezzo a questi spettacoli per noi inconsueti, che senza tanti complimenti le fa allontanare dalla sede stradale. Passiamo accanto ad un accampamento di Sami e ci dirigiamo quindi verso Gjesvær, un piccolo villaggio di pescatori che conta soltanto 220 anime. La strada si inerpica sull'altipiano e giunti in alto, ci fermiamo ad ascoltare il silenzio e ad ammirare il meraviglioso paesaggio che si stende sotto di noi: si vedono nitidamente i contorni dell'isola con tutte le piccole insenature e le roccie che si protendono verso il mare, gli isolotti e il mare, un mare dai colori meravigliosi che si stende all'infinito. Scopriremo poi parlando con un norvegese di esser giunti in una delle pochissime giornate di sole della loro breve estate.

Continuiamo ad incontrare renne che vagano tranquillamente: alcune sono sdraiate sul ghiaccio che il sole non è riuscito a sciogliere: oggi per loro è una giornata troppo calda. E giungiamo a Gjesvær. Questo paese soltanto dal 1976 è collegato al resto dell'isola da una strada appositamente costruita. Fino ad allora e per tanti secoli, se si considera che già nell'era vichinga era un conosciuto luogo di commercio del pesce, i collegamenti col resto del mondo erano affidati alla bontà del mare e alla possibilità che avevano le barche di poter attraccare o partire. Le poche case sembrano finte, tanto sono linde, pulite, colorate, con le tendine alle finestre. I terreni che degradano al mare sono pieni di multer, i lamponi artici la cui raccolta è consentita solo ai residenti. Andiamo nell'unico bar del villaggio e scopriamo che da qui partono giornalmente gite di birdwatching alla vicina Gjesværstappan, isola dove vivono e nidificano moltissime specie di uccelli. Purtroppo l'ultimo gruppo della giornata è già partito da mezz'ora.

Un battito di molte ali sulla banchina ci avvisa dell'arrivo di un peschereccio. Sono gabbiani che già sanno che ciò significa per loro un pasto sicuro. Da un capannone esce un gruppo di ragazze con delle grosse casse che vengono riempite col pesce appena giunto e portate all'interno dello stabilimento per la lavorazione. Entriamo anche noi e ben volentieri ci permettono di assistere alle interessanti operazioni di lavorazione e conservazione del pesce, mentre scambiamo anche quattro chiacchiere. Ci salutano con calore quando ce ne andiamo per riprendere il nostro cammino. Prossima tappa Kamøyvær, un paese di 150 persone creato all'inizio del secolo da una "migrazione" di tre gruppi etnici: famiglie di pescatori provenienti dalle coste poste sull'Oceano Artico, un gruppo di Sami ed alcuni immigranti finlandesi. Ormai le differenze etniche sono scomparse, ma ancora non molti anni fa si potevano ascoltare tre lingue diverse lungo le strade del villaggio. Terminata la breve visita passiamo a Skarsvåg, altro minuscolo villaggio (170 abitanti) di pescatori. Facciamo un giro e ad un angolo ci imbattiamo in una renna che tranquillamente, ad un angolo di una casa, brulica la poca erba che riesce a crescere a queste latitudini. Non sembra spaurita e riusciamo ad accarezzarla. Il silenzio è rotto soltanto dal rumore delle onde che si infrangono sulla banchina. Dove sono gli abitanti? Non se ne vede in giro nemmeno uno. Che vita fa questa gente durante i lunghi mesi invernali? Questa è una domanda alla quale noi mediterranei non riusciamo a dare una risposta.

E' pomeriggio e decidiamo di incamminarci verso la nostra meta. Giungiamo al termine della strada: dinnanzi a noi una macchina con targa greca con caravan al seguito si ferma, paga il suo pedaggio e la sbarra si alza per farla entrare. Tocca a noi: paghiamo e ci viene consegnato un biglietto che recita: 08.08.97, nr 169, 1 Italiensk Famil. 350.00. Siamo la 169esima vettura della giornata a varcare l'ingresso di Nordkapp. Parcheggiamo nello sterrato a fianco di tanti altri camper, salutiamo e chiacchieriamo con qualche altro italiano e ci rechiamo a visitare il Centro Turistico: 5000 metri quadrati ancorati alla scogliera, la maggior parte sotterranei. Vi si trovano un museo, la cappella, il più grande negozio di souvenirs della Norvegia, l'ufficio postale, quattro bar e ristoranti, una suite per coppie in luna di miele, il cinema con proiezioni continue, la sala panoramica e una terrazza con panorama sull'infinito.

Usciamo per le foto di rito col globo, simbolo di Capo Nord, e con il Children of the Earth, il monumento creato da sette bambini di tutti i continenti a simbolo della cooperazione. Nei pressi il monumento del Re Oscar, del 1873, che segnava il confine estremo del Regno dell'allora unificate Norvegia e Svezia.

Verso le 23.30 torniamo sulla terrazza per assistere allo spettacolo del sole che non tramonta. Sembra di essere in pieno giorno. Il sole scompare per un po' ma già alle 0.30 è di nuovo alto come se fosse mattino. Assonnati rientriamo al camper mentre la gente, tantissima, vaga, chiacchiera, fa fotografie, gli sembra strano andare a dormire con quel sole alto all'orizzonte.

9 agosto - E' mattino. Ci svegliamo e dopo colazione lasciamo Capo Nord. Il cielo è già offuscato: la giornata non sarà limpida come ieri. Non siamo soli: anche altri camper hanno deciso di prendere il traghetto delle 8.30 e una lunga carovana si snoda tra le curve dell'isola di Magerøya. Rimessi i piedi a terra a Kafjord riprendiamo la nostra strada in direzione Rovaniemi, Finlandia. A Russenes giriamo a destra verso Lakselv. E qui, anzichè tirare dritto verso Karasjok, decidiamo su due piedi di girare a sinistra in direzione Børselv, per andare a vedere come è la Norvegia oltre Capo Nord. La strada corre lungo la costa, e il traffico diminuisce man mano che procediamo. Ad un'ansa sul mare, troviamo un gruppetto di quattro camper fermi. Gli equipaggi si stanno dedicando alla raccolta delle cozze. Saranno gli ultimi camper che incontreremo fino all'indomani.

Ad ogni curva un nuovo panorama, un paesaggio ancora più bello del precedente, diminuisce il numero delle case che incontriamo. Proseguiamo così per diversi chilometri. Ci ricordiamo di essere a corto di alimentari. Sulla cartina vediamo che non siamo troppo lontani da Ifjord, che sarà sicuramente un centro di qualche proporzione dove potremo fare spese. Arrivati, troviamo una pompa di benzina, chiusa, una manciata di case e un piccolo chiosco di informazioni turistiche, aperto. Entriamo e la gentile signorina ci dice che il paese è tutto lì, e che potremo trovare qualcosa alla prossima stazione di servizio che, essendo più grande, ha anche un piccolo market. Quando chiediamo a quanti chilometri di distanza ci risponde: "Non molti, un'ottantina circa da qui, a Tana Bru". Siamo all'inizio del Laksefjord e leggiamo sulla guida che sulle scogliere di questo fiordo ci sono colonie permanenti di foche, e che a Bekkafjord sono visibili dalla strada. La nostra intenzione è giungere a Kirkenes in serata, quindi proseguiamo: la visita alla foche sarà un motivo in più per tornare.

A Tana Bru, dopo aver effettuato i nostri acquisti, riprendiamo la E6 che avevamo abbandonato a Lakselv per seguire di più la costa. Mancano 140 chilometri a Kirkenes. Proseguiamo attraversando lo spettacolare ponte sul Tana, il fiume ricco di salmoni che segna il confine tra Norvegia e Finlandia. Dopo pochi chilometri la strada riprende la sua corsa lungo il Verangerfjord fino a giungere a Neiden e di lì a Kirkenes. Tutto ci dice che ci stiamo avvicinando al confine: siamo sempre più soli, la strada non è più curata come prima, le case sono sempre di meno e quelle poche che incontriamo cominciano ad avere un aspetto sempre più "russo" con alle finestre le tipiche tendine bianche a fascioni rossi. Soltanto la bandiera che sventola in ogni giardino ci ricorda che siamo ancora in Norvegia. Ad una quindicina di chilometri da Kirkenes iniziano le postazioni militari e i cartelli di divieti: di fotografare, sostare e anche soltanto di fermarsi temporaneamente. Il tutto scritto in norvegese, inglese, finlandese, tedesco e russo. Stiamo attraversando una zona dove sono ancora visibili i segni dell'ultima guerra.

Giungiamo in città: ci accoglie un cartello con la scritta Kirkenes in caratteri latini e cirillici. Gente per le strade poca, di turisti nemmeno l'ombra. Ci rechiamo al posto di polizia per riuscire a racimolare qualche informazione. Entriamo nell'edificio dalla porta socchiusa e dopo aver vagato per vari uffici vuoti posti al pianterreno con un po' di titubanza (che differenza dai nostri blindatissimi commissariati!) saliamo al primo piano dove troviamo finalmente un poliziotto: un giovanotto biondo che sorridendo ci racconta di un suo collega, partito in maggio in bicicletta per l'Italia: lo aspettano di ritorno per la fine di agosto. Ci consiglia di parcheggiare davanti alla Chiesa, e scambiamo quattro chiacchiere su questa cittadina di nemmeno 6.000 abitanti, quasi completamente distrutta durante la seconda guerra mondiale. Meritevole di visita sarebbe l'Andersgrotta, con i bunker dell'ultimo conflitto, ma siamo arrivati tardi. Oggi era l'ultimo giorno di visita, riapriranno il 10 giugno dell'anno prossimo per due mesi. Qui, il 9 agosto, l'estate è già finita. Ci rechiamo a vedere il capolinea della E6 che muore sulla banchina del porto (un piccolo cartello segnaletico ne indica ufficialmente il punto), a fianco del capolinea della Hurtigrute, il postale costiero che qui arriva e da qui riparte ogni giorno.

10 agosto - Con un cielo grigio lasciamo Kirkenes. Ripassiamo a fianco delle postazioni militari, superiamo di nuovo i cartelli scritti in cinque lingue e a Neiden abbandoniamo la E6 per incamminarci in direzione Kaamanen, Finlandia. Dobbiamo fare sosta a Neiden Fjellstue per ricevere il rimborso dell'IVA pagata sui nostri acquisti Tax Free. Neiden Fjellstue è l'eldorado dei pescatori: un locale centrale che funge da bar, ristorante, posto telefonico, ufficio Tax Free, con le pareti tappezzate dalle foto degli avventori che qui sono venuti a pescare e si sono fatti fotografare con gli enormi salmoni che hanno pescato. Fuori, tante casette di legno con dentro l'essenziale, due o quattro letti, un tavolo con sedie, una cucina. Circa Lit. 100.000 al giorno l'affitto. Senza luce. Ma quassù, nella terra del sole di mezzanotte, a che serve? All'esterno dei "cottages" ogni occupante ha messo in bella mostra ad asciugare una lunga serie di canne da pesca. Da una parte, un grande lavvu, la tenda lappone, con al suo interno ancora i segni dell'ultimo banchetto consumato la sera prima. All'esterno, tante griglie e ripiani per poggiare e cucinare i salmoni pescati nel fiume che scorre lì accanto.

Ottenuto il rimborso ci dirigiamo verso il confine e ci accorgiamo di averlo oltrepassato da un semplice cartello con la scritta: Suomi, Suopma, Finland. Ci fermiamo per la foto di rito e un camper belga ci sorpassa salutandoci: ma allora non siamo soli!

Con il sole che ha deciso finalmente di spuntare, percorriamo una strada che corre tra laghi e boschi senza incontrare anima viva, tranne le tante renne che ci attraversano la strada. Qualche raro cartello (chi lo leggerà?) fa pubblicità alle compagnie di aereotaxi, l'unico mezzo di trasporto possibile in questi luoghi durante il lungo inverno. Ad un certo punto la strada diventa più larga, si trasforma in una pista d'atterraggio. Più avanti, sulla destra, al bordo di una radura tra i boschi, una renna col suo piccolo sono intenti a brucare l'erba. In fondo, un laghetto e sulla sua riva un mökki, la semplice casa in legno rustico che il 70% dei finlandesi possiede per rifugiarsi nella natura. Sembra di essere entrati in un sogno. Ci fermiamo. Tentiamo di fotografare le renne, ma scappano via. Facciamo un giro di perlustrazione sperando che riappaiano e i bambini inciampano su un corno d'alce abbandonato lì sul terreno. Tornano al camper felici col loro trofeo. Arriviamo a Kaamanen e ci immettiamo sulla E75 in direzione Inari. Ritroviamo il traffico. Ce ne eravamo dimenticati. Non siamo più soli, il sogno è finito. Ci rimane il ricordo, e un corno d'alce raccolto in una radura...


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