Viaggiare - Diari di Viaggio


PRELUDIO DI UN VIAGGIO DI PRIMA ESTATE
(Slovenia - Romania - Bulgaria - Turchia - Grecia)

testo e foto di Renato Ermacora

È un fato che ad ogni viaggio, ogni raduno del VCO a cui partecipo, debba piovere.
Anche questa volta non fa eccezione: acqua a catinelle, dal giorno della partenza da casa, fino al momento del ritrovo a Fernetti, in Slovenia.
L’oggetto del viaggio, questa volta, è ambizioso: raggiungere, totalmente via terra, la Turchia Asiatica, portando dieci camper attraverso Slovenia, Ungheria, Romania, Bulgaria, dove avrà capo la prima tappa, in un piccolo villaggio del Nord, dove ci attendono i bambini ospiti di un Orfanotrofio, a cui cercheremo di portare un po’ di solidarietà e d’aiuti.
Uniremo così il dilettevole all’opera di bene, anche se mi pare che la bilancia, a ben vedere, penda decisamente dalla parte del dilettevole.
Andremo poi in Turchia, visiteremo Istanbul, Bursa, Troia e Çannàkkale, dopodichè punteremo a nord, in Grecia, alle Meteore, per far poi ritorno a casa.
Decideremo allora se tornare via terra (Albania, Croazia…) o imbarcarci a Igoumenitsa.
Ideatore e organizzatore del viaggio è Fabrizio, veterano delle zone che toccheremo, che ha preparato un’idea di massima del percorso, con fermate che saranno modulate lungo la strada in dipendenza del clima, della stanchezza e dei desideri del gruppo. Gian Maria, forte della sua cultura classica, proporrà le fermate nelle varie aree storiche che toccheremo. Danilo e Loretta si occuperanno degli aiuti ai bimbi di Totleben. Lungo il percorso, poi, altri ruoli si evidenzieranno: chi fa i conti, chi fa la pierre, chi intrattiene con parole, musica, barzellette, fischi e trilli per radio durante il viaggio.


Le Voyage

30 maggio Confine Italia – Slovenia
Dopo un viaggio senza storia nell’umida Italia del Nord, sferzata da pioggia inopportuna, ci troviamo tutti a Fernetti in serata.
Il nostro Condottiero, il fiero Fabrizio, ci distribuisce i numeri progressivi, che dovremo osservare scrupolosamente, quando viaggeremo in fila indiana, insieme con i numeri di cellulare di tutti: 10 camper, 20 persone, radio canale 12 e…vai!
La Slovenia è una vecchia signora sussiegosa che solo la lingua dei cartelli ci dice che non siamo in Austria, è pulita, ordinata, ricca distaccata e mitteleuropea.
L’attraversiamo in un’autostrada stretta e piena d’autotreni, stentiamo a mantenere il contatto tra noi, alla fine, a sera, un po’ stanchi cerchiamo un posto dove trascorrere la notte.
Avevamo preventivato una notte in una stazione di servizio d’autostrada, ma le due che abbiamo tentato erano piene di camion, e la Polizia stessa ci ha consigliato di non fermarci. La stanchezza e lo scoramento si fanno sentire, finché troviamo un provvidenziale supermercato con un buon e tranquillo parcheggio, dove passiamo la notte.
La pioggia batte insistente sul tetto del camper per quasi tutta la notte, ma il mattino un bel sole ci consola, dopo il rifornimento di carburante, caro, ripartiamo verso Makò, in Ungheria.
L’Ungheria ci viene incontro con la sua lingua misteriosa, nelle insegne dei negozi, nei cartelli delle strade (chissà che vuol dire ELADò, parola che si trova dappertutto? ).
Il campeggio ungherese è una piacevole sorpresa: accanto ad un fiume, il Maros, affluente del Danubio, ben organizzato, servito da mezzi che portano a Makò, nelle cui vicinanze sorge. Passiamo una notte lì dopo una cena di goulash e altre cose ungheresi al ristorante vicino e nella mattinata di domenica I° giugno raggiungiamo il confine con la Romania.

Timisoara (Romania) Domenica I° giugno.

Le pratiche di confine, nonostante Shengen, non sono così veloci, ma riusciamo a passare tutti abbastanza tranquillamente e ci ritroviamo a Timisoara, bella e nobile città, dall’antico fascino mitteleuropeo.
Lasciamo i camper in centro, poi con un breve tragitto a piedi, raggiungiamo Piazza Europa: colpo d’occhio su palazzi liberty orientale, quasi tutti ben ristrutturati, e bar all’aperto. Entriamo nella chiesa dove si sta celebrando la Messa domenicale. È un momento di toccante raccoglimento assistere alla Messa in romeno, mentre noi rispondiamo in italiano, stringendo le mani dei Romeni nel Segno di Pace.
Al pomeriggio ripartiamo da Timisoara verso il confine bulgaro, il Grande Fiume ci attende: la strada è un vero disastro: buche e lavori, scambi di corsia, strettoie, e camion, camion… finalmente arriviamo a sera a Caranscebes, dove sorge il camping Methadia.
Il camping è piccolo, ma ha tutto ciò che serve: docce calde e corrente elettrica per le nostre batterie, ed anche un ristorante. Si trova nel verde, sebbene nelle vicinanze vi siano gli eterni lavori in corso romeni. Passiamo una notte tranquilla e fresca.

Methadia - Totleben lunedì 2 giugno

Oggi in Italia è festa della Repubblica, qui è un giorno come un altro, ed i TIR solcano le dissestate strade del Sud della Romania. Raggiungiamo Turnu Severin, avvicinandoci al confine serbo, poi verso Calafat, sul Danubio. Nell’avvicinarsi al confine, le strade migliorano un poco, nel primo pomeriggio raggiungiamo la riva del Danubio, che segna il confine tra la Romania e la Bulgaria.
La larghezza del fiume è impressionante, al confronto con il mio Po pare un lungo lago, ci sono anche le ochette di vento come al mare.
Abbiamo pagato quarantasei € per il traghetto, più 10 per non ben specificati ‘diritti’ portuali – tutto puntigliosamente fatturato – per 10 minuti di traversata.
Tra l’attesa del ferry e il resto, preventiviamo circa un’ora.
Alla fine, a metà pomeriggio, siamo in Bulgaria, ci dirigiamo verso Mihailovgrad.
Bulgaria e Romania, due nazioni così vicine e così differenti. In Bulgaria l’impatto con il cirillico è strano, cerco di decifrare i cartelli stradali (ad esempio siamo diretti a Ruse, ma in cirillico è scritto PYCE), sebbene ormai le principali indicazioni siano bilingue vi sono sempre delle difficoltà.
Le strade in Bulgaria sono mediamente buone, se si eccettuano le stradine secondarie, le altre sono scorrevoli, pochi camion ed in generale il traffico è ordinato. Si guida rilassati sulla bell’autostrada per Pleven. Lungo la strada frequenti pattuglie di polizia con radar, ma la nostra velocità non è tale da impensierire i solerti addetti al traffico.
Alle 19 arriviamo all’Istituto di Totleben, meta principale del nostro viaggio.


Totleben, Bulgaria, 2 giugno 2008 ore 19:30

Portare un aiuto ai bimbi dell’Istituto per l’infanzia ‘Mladen Antonov’, a Totleben, villaggio nelle vicinanze della città di Pleven, in Bulgaria, era l’obiettivo del nostro viaggio nei Balcani.
Siamo partiti dalle nostre città con scarpe, palloni, dolci, gadget, mettendo a dura prova le balestre dei camper, personalmente senza immaginare come sarebbe stato l’istituto: mi aspettavo una scuola con seriose istitutrici che impartivano lezioni in cupi edifici a diligenti scolari allineati.
Non appena arrivati, quando i camper hanno svoltato nel cancello, siamo stati accolti non dalle istitutrici, ma da una scomposta turba di ragazzini festanti.
L’istituto è austero e bisognoso di una buona mano di tinta, forse anche due, gli arredamenti sono essenziali e stanchi del lungo uso, un gran prato ricorda antichi fasti, come testimoniano vetuste porte da calcio e ormai quasi inservibili tabelloni da basket, ma tutto è lasciato alla buona volontà di pochi operatori, e all’irruente e festosa trascuratezza dei giovanissimi ospiti.
Una piccola folla di mocciosi che razzolano liberi – anche troppo – nel grande prato, schiettamente sporchetti, allegri, di un’allegria data dalla novità del momento, vivaci, invadenti, curiosi, ci corre incontro
Negli occhi lo specchio di una vita innocentemente difficile, diversa da quella che avrebbero meritato, lo smarrimento e la felicità di potersi aggrappare a questi nonnetti giunti a cavallo dei loro bianchi ed inarrivabili furgoni, come se questo momento, queste ventiquattr’ore potessero durare per sempre. I bambini non hanno il senso della durata delle cose: per loro tutto è lunghissimo, la loro vita è ancora breve, non hanno ricordi “d’anni fa”, quindi tutto è oggi un lungo presente.
Accade spesso che i bambini ti diano più di quanto tu non dia loro, ed anche questa volta non ha fatto eccezione.
Come non sciogliersi con questi piccoli démoni? Con gli occhi lucidi appena dissimulati da fragorose soffiate di naso, venti posati ed assennati “over ‘50” scatenano il fanciullo in loro mai sopito, concedendosi due ore di sana follia tra coccole, sorrisi, abbracci e strette di mano per i più grandicelli.
I piccoli ti stringono come per rendersi conto che ci sei, che del vulcano d’amore che hanno dentro forse a qualcuno importa qualcosa, ti accarezzano le mani, non ti lasciano, sono gelosi tra di loro.
Ci ritroviamo a prendere in braccio ora l’uno ora l’altro come facevamo con i nostri figli.
Pensi alle storie che questi ragazzi hanno dietro di sé, pensi alle serate in camerata, alle giornate di pioggia e di neve, ai pianti sommessi, al desiderio di normalità che pure hanno: ti vien voglia di fare uno ZIP e spedirli a casa con te.
Scende il buio, nel cielo si accendono le stelle, sfuma anche l’austerità dell’edificio, andiamo a dormire stanchi ed un po’ frastornati, forse qualcuno si sente un po’ meno solo, questa notte.
I bambini ti danno di più di ciò che tu dai loro.

Totleben, Bulgaria 3 giugno

Ci sveglia il vociare dei marmocchi, che circondano i camper parcheggiati di fronte all’edificio dell’ Istituto.
Veloce colazione, poi, è l’ora di darsi da fare, per preparare i pacchi con le scarpe, i dolciumi, i giocattoli; i camper scaricano cuccagne di cioccolata, peluche, palloni, bigiotterie per le bimbe.
Si preparano i tavoli con i ben di Dio, e, dopo che i bambini ci hanno dato il benvenuto – per così dire – ufficiale con canzoni, musica, danze, iniziano le feste.
Intanto qualcuno monta la rete di pallavolo, e due canestri per il volley: chissà se l’anno prossimo troveremo una squadra?

Per ogni piccolo ospite ci sono le scarpe, un giocattolo (per le signorine anche qualcosa di più), qualche ben accetto dolcino, cappellini, peluche e magliette.
La Direttrice e l’interprete volano di gruppo in gruppo, il personale è attento alla disciplina.
Ogni bimbo, chiamato per nome, fa il giro dei tavoli, mentre le buone fatine dai capelli sale e pepe riempiono la sporta.
E loro se ne vanno chi sgranando gli occhioni, chi sorridente, chi incredulo di aver quella roba per sé; poi, appena fuori, fa l’inventario del suo piccolo tesoro.
Ma è facile pensare che non è solo il contenuto del sacchetto prezioso per loro. Te ne accorgi quando vedi come ti stringono d’abbraccio, o ti prendono per mano, o ti stanno vicini come per dimostrare un possesso.
Vedi mani di duri camperisti macinatori di kilometri accarezzate e strette da piccole e non nette manine, vedi ragazze in pubertà prendere sottobraccio nonne e mamme con il cuore sciolto come burro al sole, sorrisi sdentati di infanti che ti guardano con i loro occhi d’acqua. Ed è lì che ti rendi conto ancora che sono loro a darti questi momenti di felicità pura, momenti che valgono i kilometri, le frontiere, il gasolio che, dannazione, costa sempre di più, la ricerca di un porto per la notte, le buche nell’asfalto ed i balzelli d’ogni genere.
A mezzodì ci viene anche servito un pranzo a buffet, preparato dal volonteroso personale dell’istituto, nonostante la temporanea inagibilità delle cucine in ristrutturazione, che consumiamo volentieri, chi di noi ha più lavorato ora è stanco e sgranocchia un panino finalmente seduto.
Dopo pranzo ancora qualche coccola, ma i piccoli sguardi sono già smarriti, qualcuno non ride più, le grida si fanno basse e roche, vedendo che nei camper si levano gli oscuranti dai vetri, si chiudono le scalette, e ci si prepara a salpare.
Un saluto alla Direttrice, ai volontari ed al personale di servizio, che in queste difficili condizioni lavorano per dare un senso alla vita di quei ragazzini.
Si parte alla chetichella, senza far troppo notare, salutando appena i piccoli, ma già qualche bambina è dietro la finestra con il braccio sugli occhi, altri agitano i loro cappelli colorati, qualcun altro corre dietro ai camper…poi un agitar di mani e manine con la promessa di tornare.
L’ Istituto Mladen Antonov sparisce dietro l’angolo, il momento magico è passato, il tempo non concede tregua, bisogna andare.
È in questi casi difficile tirar somme, sarà servito? E a chi? A noi senz’altro, ma anche ai bambini: mi piace pensare che qualche piccolo stanotte si addormenti pensando che il mondo non è solo una triste camerata ed un incolto prato.
L’ Istituto verrà ‘adottato’ dall’Organizzazione delle imprese italiane in Bulgaria. Segno anche questo che Italiani Brava Gente non è solo uno slogan.


3 giugno sera Bulgaria Monastero di PREOBRASZHENSKI MAN o Della Trasfigurazione.

La Turchia è ancora lontana, occorre almeno un’altra tappa per raggiungere il confine, viaggiamo verso Sud diretti a Veliko Trnovo, ma lungo la strada facciamo una deviazione verso un antico monastero, il PREOBRAZHENSKI MONASTIR.
“Tranquillità, silenzio e qualcosa di romantico avvolgono il visitatore sin dai suoi primi passi nel chiostro”. È vero: tutt’ intorno pace e raccoglimento e silenzio ci avvolgono non appena parcheggiamo i camper all’arrivo.
Leggenda vuole che dati dai tempi dello Zar Ivan Alexander, e che fu distrutto in parte durante l’impero Ottomano.
Purtroppo una buona parte del monastero è crollata a valle a seguito di una frana, ma ciò che resta è notevole: nella chiesa centrale, contornata di pergole, vi sono affreschi in via di restauro – anneriti dal fumo delle candele nel tempo – due restauratrici ci narrano la storia del monastero - è stata costruita da Kolio Ficeto, un noto architetto bulgaro che iniziò i lavori nel 1825, completandoli 30 anni dopo. I dipinti, e le icone, notevoli, sia all’interno che all’esterno, molto colorati e a tratti anche naif, sono opera del pittore Zahari Zograph. Sulla parete esterna della chiesa vi è rappresentato il Cerchio della Vita.
Il monastero della Trasfigurazione dista 6 km dall'antica capitale della Bulgaria - la città di Veliko Trnovo.
Acquistiamo un grosso barattolo di miele e del…sapone trovato per caso accanto al refettorio, mentre chi scrive errava in cerca di spunti da fotografare.
Non è possibile pernottare al Monastero, i camper occupano praticamente tutto lo spazio a disposizione, in pendenze scomode.
Decidiamo quindi di spostarci ad Arbanasi, villaggio a poca distanza da Velico Trnovo.
Arbanasi è un pittoresco villaggio quasi interamente ristrutturato, con case in pietra circondate da mura e fontane, patrimonio Unesco dell’Umanità.
Vi sono anche alcune pittoresche chiese, ma tutto ha un che d’artificiale, vi sono hotel e ristoranti e il borgo ha l’apparenza di un centro di vacanza.
Purtroppo nemmeno lì è possibile sostare, quindi ci dirigiamo a Velico, dove una tranquilla piazza ci ospita per la notte.

4 giugno: arrivo ad Edirne (Turchia)

La campagna bulgara e poi quella turca sono immensi campi di grano e girasole morbidamente distesi su dolci colline.
Il motore ronza sornione come un gatto fa le fusa, l’occhio compiaciuto del camperista si posa sugli indicatori: n. di giri, carburante, temperature varie. La compagna del camperista sonnecchia tranquilla, qualcuno alla radio fa lunghi discorsi, facendo domande a cui lui stesso dà risposte, ipotesi, illazioni, qualcun altro ogni tanto, nei brevi ed improvvisi intervalli, commenta, così da mantenere viva la discussione, i kilometri passano, tappa di trasferimento da Velico Trnovo fino al confine Bulgaro – Turco. La strada è buona, il traffico dei TIR ed auto è intenso, le operazioni di frontiera lunghe e snervanti, ma alla fine siamo in Turchia!
Edirne, la prima città turca incontrata, è una piacevole sorpresa (ma tutta la Turchia è una bella sorpresa), il traffico è forse un po’ caotico (ma non abbiamo ancora visto Istanbul), ma le case, le moschee, la pulizia, discreta, la gente, ti mettono subito a tuo agio (avrò delle ascendenze ottomane? Mah!).
Il campeggio che cercavamo non esiste più, dopo un attimo di panico ne troviamo un altro (forse il solo in città), e parcheggiamo i camper in un bel prato con alberi di ciliegio.
A ciascuno il suo mestiere: M.Teresa, ex agenzia di viaggi, propone l’idea di noleggiare un bus privato l’indomani per fare il giro della città, che ne vale la pena, e pattuisce un piccolo bus per l’indomani alle 8:30, ci porterà nei principali richiami turistici; Gerth fa da interfaccia italiano – tedesco con la Direttrice del camping (in Turchia pochi parlano inglese, ma il tedesco è molto diffuso), e noi… ci divertiremo!

Le Signore al Camping di Edirne. Da sinistra: Costanza, Nicoletta, Paola, Cesarina, Alma, M. Teresa, Franca e Silvana. Mancano Gianna e Loretta.

5 giugno Edirne - Turchia

Edirne è una città di antiche glorie: sede di una prestigiosa Scuola Islamica di Medicina, con il Museo delle cere con diorami che rappresentano l’antico ospedale, la vita della scuola e i suoi servizi, la Moschea di Suleiman, la dimostrazione della pittura turca sull’acqua, dove un’artista disegna degli straordinari tulipani (con orgoglio ti dicono che la Turchia è il paese dei tulipani, infatti il simbolo del Paese è questo fiore, che fu donato alla Regina d’Olanda nel secolo scorso).
Vediamo anche un altro orgoglio di Edirne: la stazione dell’Orient Express, il treno che da Venezia correva fino ad Istanbul, centro di intrighi internazionali, e torbide storie di donne bellissime e spie.
Poi moschee, moschee con disegni straordinari, cupole ed arditi minareti che forano il cielo.
Lasciamo Edirne alle 13 per raggiungere la Porta d’Oriente, la mitica, misteriosa, fantastica, tentacolare Istanbul!
Abbiamo trovato, finora, le strade più varie: autostrade strette, care e trafficate di camion in Slovenia, grattugie e percorsi per panzer in Romania, strade strette ma pur sempre decenti in Bulgaria, ma questa è una vera autostrada da 3 corsie, traffico all’inizio inesistente, fondo liscio, scateniamo i nostri focosi destrieri e facciamo rotta verso il Bosforo.
Il traffico si fa però sempre più intenso, fino a diventare una bolgia paurosa; l’autostrada, che è passata a quattro corsie, è completamente tappezzata d’ogni sorta di veicolo, dai camion alle utilitarie ai piccoli bus di cortesia, a scassati camioncini, scooter, tutti che s’infilano, che vogliono passar prima, che tentano di guadagnarsi un posto. È impossibile mantenere la formazione con i camper, le radio continuano a rilanciare degli affannati “Dove sei?” l’asfalto è rovente, si suda, i Turcomanni vanno all’arrembaggio… aiuto! Dove sei, don Giovanni austriaco condottiero che sbaragliasti i Turchi a Lepanto?
La grassa Istanbul ti accoglie con i mille minareti, i grattacieli, i palazzi incantati, i giardini, tutti appoggiati flaccidamente sulle colline del Bosforo: è bellissima.
Ti ammalia e t’invita a girarla, possederla, farla propria.
Noi però preferiamo riposare i destrieri e le stanche membra, dopo avere un poco errato per le uscite autostradali (anche i GPS hanno un’anima…), raggiungiamo il campeggio che ci ospiterà in questi giorni, il Mistik di Kilyos.

6 giugno camping Mistik – Kilyos

Il campeggio è molto distante da Istanbul, ma pare che non ce ne siano altri, quello accanto all’aeroporto, che era anche comodo, pare sia chiuso.
È piccolo, e, sebbene abbiamo prenotato, a fatica infiliamo i 10 camper in tutti i buchi possibili.
Non vi è neppure il Camper Service.
Kilyos è una cittadina sulle rive del Mar Nero, ad est della grande città, è molto tranquilla, fornita di negozi (anche della pescheria), il camping Mistik è comodo alla spiaggia.
Il mattino del venerdì il nostro autista impiega quasi un’ora e mezza per raggiungere il centro.
Facciamo conoscenza con la nostra guida, Nurdan, la giovane signora che per due giorni ci mostrerà la città.
In ogni viaggio c’è qualcosa che vale il viaggio, e io credo che in questo, oltre ai bimbi di Totleben, Istanbul valga senz’altro i chilometri.

Non credo sia compito di questo diario illustrare le cose visitate, una guida, dal Touring a Lonely Planet ad esempio, lo faranno senz’altro molto meglio di me: Aya Sofia e la Moschea Blu che fanno da contraltare t’introducono in quell’atmosfera un po’ misteriosa, bizantina, fatta di sultani, vizir, pascià, Alì Baba, ricordi di bambino, tappeti volanti, minareti con la mezzaluna, harem con donne bellissime, profumi ed essenze… orientali, scimitarre sguainate… purtroppo, anche qui occorrerebbe avere tempo, sedersi su quei favolosi tappeti, far entrare ciò che vedi in te, non dovrebbero esserci gli altri turisti con le loro macchine foto e cineprese, con il loro vociare, questi monumenti meriterebbero una visita raccolta, intima, senza distrazioni.
Ma tant’è: saltiamo come locuste da Topkapi alla Cisterna, Istanbul è una grandissima città dodici milioni d’anime, grande caos,c’è così tanto da vedere che non credo basti una vita.
Pranzo turco con kebap, caffé turco e dolce…Turco!
Nel ristorante si serve birra, vi sono bottiglie di vino esposte, sebbene siamo in un Paese musulmano, la laicità e la tolleranza si vedono.
Il Bazar (che peraltro è un po’ una delusione), il negozio di tappeti, tanti negozi, tante vetrine, tante moschee – che qui ti lasciano visitare e fotografare senza problemi, anche se le donne devono essere velate e tutti devono togliere le scarpe – tanta confusione, tanta bellezza.
Torniamo al camping stanchi e pieni di emozioni vissute troppo in fretta, domani ci attende un’altra dura galoppata sulle rive del Corno d’Oro.
Personalmente abbiamo soddisfatto la nostra voglia di fare i turisti fino al fondo, portando con noi un tappeto, sarà un ricordo che – spero – ci accompagnerà per molto tempo.

7 giugno Sabato Istanbul

Data la distanza del camping, abbiamo deciso di anticipare la partenza alle 8. Il sabato in Turchia non si lavora, siamo partiti prima, ed oggi arriviamo più velocemente in città. In effetti, c’è un po’ meno traffico, diciamo che siamo quasi ai livelli di Napoli o Milano il 24 dicembre… è la giornata dei Palazzi: Topkapi, Dolmabache, la residenza degli ultimi Emiri e di Mustafà Kemal, il Padre della Turchia moderna (chiamato Ataturk). Lo sfarzo è tale che se ne diventa in breve avvezzi, e non si notano quasi più i rubinetti d’argento, le scale di cristallo, i tappeti da 50 metri quadrati, i pavimenti, l’oro, le stanze da bagno tappezzate di giada…
Con gli occhi ancora pieni di queste meraviglie, ci imbarchiamo per una breve crociera lungo il Bosforo.
Consiglio a chiunque visita la città di passare qualche ora a bordo di un battello dal Corno d’Oro al Bosforo; anche noi, sulle orme dei Veneziani sulla via della Seta, bordeggiamo prima la parte europea della città, dal ponte di Galata (la torre costruita dai Genovesi) al palazzo Topkapi, sul Corno d’Oro, svoltiamo poi sul Bosforo, sfilano di fronte a noi i quartieri moderni, con i grattacieli, poi avanti verso est fino a Dolmabache, il palazzo degli ultimi Sultani. Santa Sofia e la Grande Moschea rimpiccioliscono fino a sparire nella bruma. Il battello vira poi verso la costa asiatica, verso i quartieri ricchi della città, case di legno decorate riccamente e giardini. In questo modo si riesce a capire quasi per intero le dimensioni e la topografia della città, i due grandi ponti sul Bosforo, il centro moderno. Bordeggiamo ora nuovamente la riva nord del Bosforo, riappaiono Santa Sofia, la Torre di Galata, il Ponte dove decine di pescatori trascorrono il sabato mattina, per attraccare dove avevamo salpato.
Ristorante nella città vecchia, al pomeriggio la Chiesa (Museo, molte delle chiese cristiane sono state trasformate in musei, ma gli Ottomani sono stati lungimiranti, hanno ricoperto gli affreschi e i mosaici con del gesso, così che ora si possono nuovamente ammirare) di San Salvatore in Chora.
Istanbul si può tranquillamente paragonare a Roma, in effetti fu la capitale della Cristianità d’Oriente, e questa chiesa lo testimonia in modo inequivocabile, vi sono scene della vita di Gesù, della Madonna e di S. Anna. Qualcuno gironzola ancora fra i negozietti di souvenir, mentre altri seduti ad un tavolo di un bar all’apeto, sorseggiano un “tchai”.
Ma anche la seconda giornata di piena immersione ad Istanbul finisce, salutiamo Nurdan e l’autista, e facciamo ritorno al camping Mistik.

8 giugno Domenica Kilyos (Istanbul, Turchia) camping Mistik

Oggi giornata di riposo. Anche i più forti ed indomiti guerrieri si riposano, ed anche noi trascorriamo un’accidiosa giornata; il tempo si preannuncia bello, il sole caldo, passiamo la mattinata a rassettare il camper, pregustando un pomeriggio di mare.
Il tempo però si guasta, nel pomeriggio un improvviso temporale rinfresca l’aria, niente mare, domani si parte per l’Asia.
In serata il tempo si rimette, ne approfittiamo per fare le compere di generi alimentari, e per visitare la piccola Moschea di Kilyos, che alcuni operai stanno ristrutturando completamente.

9 Giugno- lunedì. Partenza da Kilyos verso Bursa (chilometri percorsi finora circa 2600)

Per arrivare in Asia, da Istanbul, basta attraversare un ponte sul Bosforo… sembra facile! Conservo gelosamente una misteriosa tesserina scritta diligentemente in Turco, che mi è stata consegnata all’ingresso di uno dei grandi ponti che uniscono Europa ed Asia, per la modica cifra di circa 15 euro. Arrivare al ponte non è stato semplicissimo, ma ci siamo. Capire quale casello si deve usare, con le auto, i camion, e tutti gli altri mezzi di locomozione che sfrecciano dovunque, code immobili, scritte incomprensibili, è stata una dura impresa, ma un grosso cartello giallo scrive: “Welcome to ASIA”!La strada per Bursa è buona, troviamo facilmente lo Stadio (oggi è lunedì, non ci sono partite), si può tranquillamente sostare nell’ampio parcheggio, che è vicino al Parco Culturale di Bursa.
Bursa è una città di montagna, ha un camping, ma è lontano, vicino alle piste.
Scopriamo che la città ha molte bellissime pasticcerie, e la specialità del posto sono i marron glaceés… un inatteso gemellaggio Turco - Cuneese!
Un inatteso temporale ci coglie durante la passeggiata pomeridiana: riusciamo, dopo esserci rifugiati sotto un provvidenziale portone, a guadagnare il bazar. Ciascuno va per conto proprio, secondo i suoi interessi, ci ritroveremo ai camper.
Il bazar è un esempio di ordine e gusto: le merci formano giochi di colore accattivanti, anche le cose più modeste assumono un’aria di importanza.
Al centro, la ormai solita fontana con tazze di rame dove ci si può dissetare.
Notte tranquilla nel parcheggio antistante lo stadio.


10 giugno Martedì Bursa (2900 chilometri finora percorsi)

Occorrerebbe molto più tempo per visitare Bursa: anche qui un purtroppo velocissimo tour alla moschea di Emir Sultan, al cimitero di Muradiye, con le tombe di antichi Sultani, dove un solerte guardiano ci racconta le gesta dei grandi lì sepolti, le loro madri, le loro mogli ed i loro figli, tutto è immerso in un giardino a cui ormai abbiamo fatto abitudine, il gusto dei Turchi per i fiori, i giochi d’acqua, il verde è una costante e piacevole caratteristica del paesaggio.
Fuori dalla Moschea un mercato di frutta e verdure ci invita agli acquisti: verdura fresca, pesce, tutto ordinato con precisione insospettata. È un vero piacere aggirarsi per questi banchi. Ci sono banchi di spezie, di frutta secca (ed io ci lascio il cuore…).Non resisto alla tentazione della pasticceria: non i marroni, ma le curiose brioche di tutte le forme mi attirano, scelgo tre ‘cose’ differenti – è inutile chiedere alla commessa, che parla solo turco, cosa contengano – e le porto in camper per colazione.
Al pomeriggio si riparte, direzione Çanakkale
La strada varia da fondo disperante a quasi autostrada, ma è tutta un cantiere, quindi fa ben sperare per il futuro. Per strada la gente ci saluta, stupiti di vedere una colonna di mezzi così: i camper non devono essere molto frequenti in questa stagione. Ci sono gruppi di contadini che lavorano gli sterminati campi di grano, soia, piselli da foraggio, cipolle e zucchine. È una terra benedetta, tanta acqua e tanto sole. Non degniamo Çanakkale di uno sguardo, e proseguiamo verso gli scavi di Troia.

10 giugno Troia 3154 chilometri

L’allegra combriccola pernotta in un (forse l’unico al momento) camping delle vicinanze. È davvero angusto – ma cominciamo ad abituarci ad incastrare i camper come fosse il gioco del quindici. Domani si visita Troia!

11 giugno Troia – Turchia

Il camping che ci ha ospitato si trova a circa 200 metri dal sito degli scavi, lo raggiungiamo quindi a piedi, ed incontriamo subito il Cavallo di Ulisse; naturalmente non è quello originale… ma ha una sua importanza: fu donato dal regista di un famoso film sull’Odissea alla Turchia.
Il sole del mattino ci accompagna in tutta la visita mentre noi, inebriati dai profumi di macchia mediterranea e cullati dalla lieve brezza che si solleva a tratti, ci ritroviamo sui banchi di scuola, quando la storia di Ulisse, Achille e compagni ci pareva noiosa ed inutile; ora, però, si alza un velo di nostalgia nel trovarsi forse nei luoghi dove queste gesta ebbero luogo.

Rimessi in fila i camper ci dirigiamo verso Assos, un’antica città sulla cima di una collina da cui, oltre a templi e reperti archeologici, si gode di un panorama da cartolina sul mare.

La strada per raggiungere Assos è stretta e tortuosa, per fortuna non incontriamo grossi veicoli in senso contrario. Ci accorgeremo in seguito che vi è un percorso molto più comodo che faremo al ritorno.
La passeggiata ad Assos è veramente piacevole: il mare azzurro, gli olivi, il tempio di Athena, il porticciolo, sembrano quasi artificiali.
È tempo di lasciare l’Asia, è stata una piacevole “toccate e fuga”, ci ripromettiamo di tornare, con più calma.
Arriviamo a Çanakkale, da cui traghettiamo per Eceabat, sulla costa europea della Turchia.
Ci fermiamo in un camping – hotel a due stelle, l’Hotel Kum, sul mare: domani giornata d’accidia marina, niente sveglia niente partenza alle 8 e 30, sole, mare e riposo!
È a poca distanza da Gelibolu (Gallipoli), sulla riva dei Dardanelli.
Il camping è ben organizzato, e stavolta le dimensioni delle piazzole sono abbondanti, tanto che si potrebbe anche aprire il tendalino, ci godiamo una notte sul mare.

12 giugno Camping Kum – frontiera turco – greca – Penisola Calcidica - Tessaglia (Grecia)

Manca l’acqua. Non è una tragedia, come diceva un amico, tanto si beve vino… il problema è che tutti vorrebbero far doccia, lavare qualche maglietta (qualcuna anche di più…), rifornire gli impianti di bordo. La direzione del camping rimanda d’ora in ora il ripristino della fornitura. Chi avrebbe voluto fare il bucato protesta così vibratamente presso la direzione, che questa ci riconosce uno sconto ‘simbolico’ di 2 lire turche a camper (circa 1 euro), riprendiamo nel pomeriggio la strada verso la Grecia.
La strada si snoda nel parco di pini e ginestre, costeggiando un mare azzurro dove si pavoneggia uno stupendo veliero.
Il verde scuro dei pini, quello più grigio degli ulivi che emergono discreti da un tappeto giallo di grano maturo o dal verde dell’erba, contrasta con l’azzurro del mare; ci troviamo in un parco naturale che costeggia il Mare di Marmara, pieno di navi in tutte le direzioni.
D’improvviso il confine turco – greco: documenti, timbri, un poco più veloce di quando siamo entrati e…
GULÜ GULÜ TÜRKYE (arrivederci Turchia)!!

12 giugno Kavala camping Datis

La Grecia si presenta, dopo una veloce autostrada, con un camping veramente con i fiocchi (anche il prezzo!), il Datis è molto ben organizzato (l’acqua c’è), con piscina, servizi ottimi. A sera, le rocce in riva al mare sono illuminate da luci multicolori, vi è la discoteca, anche se, per fortuna, al momento non é in funzione.
Ripartiamo il mattino dopo dirigendoci a Nord-Ovest.
Facciamo rotta verso Filippi, ma nel frattempo andiamo alla penisola Calcidica, dove, passato senza fermate il Monte Athos, cerchiamo una sistemazione piacevole a Gerakini.


13 Giugno 2008 Gerakini – penisola Calcidica, Grecia

A Gerakini ci fermiamo al camping Koulionis, sul mare. È ben organizzato
, con ristorante e take-away, qui alcuni novizi della Grecia sono iniziati ai riti pagano - etilici del Retzina, ai souvlaki, ed all’ Ouzo, ricevendone una particolarmente buona impressione.
Impressionano anche i ricci di mare, che si ribellano con veemenza ai nostri tentativi di farne condimento per gli spaghetti: chi li riceve sulle dita, chi nei piedi, chi, non pago, ci si siede addirittura sopra, nella speranza di raccoglierne il più possibile. A sera, è tutto un amorevole via vai di pinzette, aghi, disinfettanti ed altri strumenti di tortura per rimediare la situazione invero spinosa.
È venerdì, e il camping si riempie di campeggiatori stanziali, cosa che ci convince a rimanere almeno fino a domenica, per evitare l’affollamento.

La Grecia è così costellata di siti archeologici di tutte le epoche, che è difficile scegliere cosa privilegiare; noi optiamo per Pella e Vergina, che non solo sono di strada, ma sono anche siti molto importanti. Dopo saremo alle Meteore, e comincerà la via del ritorno a casa.

15 giugno Pella – Macedonia - Grecia

Pella è l’antica capitale del regno Macedone, si trova sulla strada per Edessa.
Vi sono case, templi, ma quello che impressiona maggiormente sono i bellissimi mosaici, come il Ratto di Elena e la Caccia di Alessandro Magno. Vi è anche un notevole museo che raccoglie altri mosaici, monete e oggetti di uso comune ai tempi di Alessandro Magno. Il paesaggio intorno non è più mediterraneo, ma brullo, a ricordare che siamo all’interno, nella penisola Balcanica, intanto il clima, da caldo ma secco, si fa caldo ed umido, anche se la temperatura è ancora sopportabile.
Vergina è sede delle tombe di Filippo padre di Alessandro il Macedone e della sua famiglia. Talvolta gli scavi archeologici, specie quelli meno noti, sono un susseguirsi di muri diroccati, frammenti di capitelli, occorre fare uno sforzo per immaginare le forme ed i colori com’erano in origine; Vergina è invece esempio di rara e mirabile, a mio parere, interpretazione di un sito.
Le tombe sono mantenute intatte nella loro originaria sistemazione ipogea, al buio totale, con forti luci che illuminano i colori, le forme, ricreando un’atmosfera suggestiva. Chi ha pensato a questa sistemazione ha avuto buon gioco, tutto il sito è giunto a noi quasi intatto, la grande profusione di gioielli, armi, tripodi, vasellame, ne è la testimonianza.
È un giro di rara emozione, vale la pena di una deviazione nelle peregrinazioni elleniche, alla stessa altezza forse di Delfi e Olimpia, sebbene molto più piccolo e veloce da visitare.
Lasciata Vergina riprendiamo la strada verso ovest per Kalambaka, al cospetto delle Meteore.

15 giugno, Kalambaka – Kastraki Monasteri delle Meteore

L’autostrada da Kavala a Igoumenitsa è bella, ma ancora (2008) con lunghi e frequenti tratti in costruzione, noi ci fermiamo a Kalambaka, dove d’improvviso appaiono le sagome imponenti delle Meteore.
Ci fermiamo in uno spiazzo da cui è possibile vedere le sagome delle rocce quasi nella loro interezza, per qualche foto, poi ci dirigiamo verso il Camping Vrachos, a Kastraki.
Il camping è ben organizzato, con cucine comuni, servizi impeccabili, già abbastanza pieno nonostante la stagione ancora giovane. All’ingresso siamo accolti da un dolcino greco ed una piccola icona come simpatico omaggio della Direzione.
Cena ‘comunitaria’ (il Manzoni la chiamava “accozzar pentolino”), poi a nanna, domani ci aspetta una dura giornata di visita ai monasteri.

 

16 Giugno – Monasteri delle Meteore

La memoria va al 1999, la prima volta che salimmo quassù, il Varlaam e la Santa trinità (Agia Triada) erano raggiungibili solo se non si pativa di vertigini, mentre Santa Rossana, Santo Stefano, San Nicola e Grande Meteora, imponevano lunghe camminate. Adesso i sentieri e le scalinate, pur lunghi, non sono più così erti e faticosi, ne testimonia la quantità di gente che si aggira sui cocuzzoli.
Ne vale senz’altro la fatica: oasi di pace (turisti a parte), panorama tra i più curiosi che esistano, queste rocce che sembrano precipitate dallo spazio e conficcate nella terra in un tempo passato, sono alte anche più di 500 metri, con le costruzioni dei monasteri sul cocuzzolo, che da terra paiono insignificanti, ma sono spaziose ed imponenti, con chiese ornate dalle più belle icone mai viste, giardini, orti, camminamenti, le celle dei monaci. Le pareti a strapiombo sono a salvaguardia della tranquillità dei monaci, che dal 1400 vivono quassù. Santa Rossana (Agia Roussanou) è forse il più ardito, mentre Meteoron (Grande Meteora), merita senz’altro la ormai comoda passeggiata per raggiungerlo. Gli affreschi della chiesa, la raccolta di icone e dei libri miniati del Refettorio (Trapeza), sono da ammirare.
Da non perdere il Giudizio Universale del Monastero di Varlaam, la Crocifissione ed il Museo.
Anche qui, occorrerebbe avere più tempo, non soffrire di vertigini, ed avere buone gambe e buoni polmoni!


Il viaggio sta volgendo al termine: dalle Meteore ci dirigiamo verso ovest, per la verità con poca e nulla voglia di andarcene. In un rapido consiglio di gruppo decidiamo di abbandonare l’idea primigenia di tornare via terra, attraverso l’Albania, la Macedonia e la Croazia. Preferiamo trascorrere qualche giorno di relax al mare, nei pressi di Igoumenitsa. Da lì in traghetto traverseremo l’Adriatico, chi verso Venezia chi verso Ancona, per far ritorno a casa.

17 Giugno: Igoumenitsa porto – Sofas Camping

Percorso l’ultimo tratto di autostrada da Kalambaka a Igoumenitsa, attraverso il passo montano che porta a Ioannina, raggiungiamo il porto per i biglietti: due di noi partono subito, altri prenotano per Venezia, e noi per Ancona. È sera, salutati i partenti, urge trovare un campeggio dove trascorrere gli ultimi giorni.
Dopo qualche ricerca troviamo Sofas, un camping forse un po’ ruspante in una caletta, raggiungibile da una strada in ripida discesa. Lì ci accolgono Zacharias ed Elena i padroni, e la simpatica cuoca albanese Silvana.
Passiamo quattro giorni in assoluto relax, gustando a cena i piatti greci di Silvana, prendendo sole, facendo bagni di mare, distesi sulla spiaggia sassosa.

Il giorno è accompagnato dagli assordanti concerti di cicale, la notte sono i grilli ed il mare a cullare i nostri sonni.
Implacabile il tempo passa, il traghetto attende, Igoumenitsa, Ancona, Salsomaggiore, Piacenza, Alessandria. Asti, Moncalieri, Rivoli, Villarbasse, 5246 chilometri, tanti ricordi, un tappeto, cianfrusaglie, qualche immancabile bottiglia di vino, Ouzo, un po’ di verdura, qualche dolce, due bidoni da 1 kg di fantastico grasso yogurt greco, una confezione di tzaziki, una di taramossalata…alla prossima!

I camper sotto gli ulivi, le cicale cantano, il mare, il sole, quale miglior conclusione per un viaggio?

FINALE (a little bitter…)

Cosa spinge 20 maturi amici a percorrere 5000 kilometri, con i camper carichi a rischio di rovinare le balestre, attraverso strade che vanno dal biliardo, ormai sempre più spesso, al tratturo, nel caldo, qualche volta anche senza trovare un posto confortevole per la notte? Non so dare una risposta valida, se non quello che ho sentito io: cercare di riparare per quanto si possa al torto di essere nati dove non manca il cibo, un tetto per la pioggia, l’amore della mamma, e portare questo messaggio a chi invece queste cose non le ha avute.
Vi è inoltre la curiosità di vedere o rivedere luoghi estranei, il viaggio dà molto, “apre” gli orizzonti, ti fa capire che il mondo non è così ‘normale’ come lo vedi tu, ma bastano poche ore e qualche chilometro per cambiare tutto.
Per ora è ancora così: negli anni, ormai son parecchi, che viaggio, mi sto però accorgendo sempre di più di una strisciante omologazione del paesaggio, in Europa ma anche ormai fuori.
Vedi dovunque i negozi di telefonini, scintillanti delle stesse accattivanti luci, identici dovunque, i supermercati, anche se di diverse catene, hanno gli oggetti disposti nello stesso modo, entri e ci trovi frutta e verdura, poi il latte, i surgelati, i prodotti per la casa… i vini sono in un banco a parte, alla fine trovi l’acqua minerale. Banchi separati per le carni ed il pesce, quando c’è.
Per le strade, le rotonde ornate di piante, fontane, sculture stanno sostituendo i semafori, mentre le autostrade corrono dovunque.
Boutique alla moda con nomi trendy.
I venditori di Kebap hanno invaso il mondo.
Le pizzerie sono dovunque, e devo dire che la curiosità di assaggiare una bella pizza turca l’ho avuta.
Le catene di negozi, i fast-food sono in ogni dove e servono dappertutto le stesse cose.
Grandi saloni d’auto, mobili, fai da te alla periferia delle città.
I ragazzi vestono gli stessi jeans, le ragazze le stesse magliette con l’ombelico fuori.
Hanno tutti le cuffiette nelle orecchie, e credo che ascoltino più o meno la stessa musica.
Hanno tutti il telefonino.
Un po’ più ricchi, un po’ più poveri, ma dannatamente simili.
Per fortuna rimangono i monumenti, i laghi, i fiumi, i mari…

GRAZIE
Non è successo nulla di veramente negativo.
Tutti hanno goduto di buona salute.
Nessun litigio tra noi.
Nessun incidente.
Nessun guasto.
Nessuna multa.
La compagnia è stata ottima.
Il cibo buono
Il tempo ci ha accompagnati.
Credo che ci abbia anche accompagnato Qualcun Altro, ma non si è fatto vedere.

Special Thanks
Elena e Zacharias del camping Sofas
Silvana la cuoca del camping Sofas
Nurdan la guida di Istanbul

I BALCANI A PRANZO E CENA
Il Goulash, re delle minestre in Ungheria
Il maialetto affumicato con le patate in Ungheria
La Tchorba (ma senza Burta, please) in Romania
Lo Shawarma (quello che chiamiamo Kebab) che in Grecia si chiama Gyros in Turchia e in tutto il mondo Arabo
Lo Shish Kebap in Turchia
Il Baklavà scopiazzato in tutto il Medio Oriente, il dolce più diffuso al mondo
Il Kebap con le melanzane ed il riso, con i peperoni ed il riso, con… tutto e il riso!
Le ‘salate’ greche: melizanosalata (salsa di melanzane al forno), taramossalata, salsa di uova di pesce con yogurt, l’insalata con le verdure e la Feta.
Le bifteki: polpette di carne avvolte nella retina di maiale.
Lo tzatziki, yogurt con cetriolo, aglio, sale ed olio.
Il mio grosso, grasso, fantastico yogurt greco, da 100.000 calorie a cucchiaiata.
La moussaka, che non è la parmigiana, come in Sicilia, ma è un pasticcio di melanzane, carne, patate e verdure varie.
I papoutsakia (melanzane ripiene).
I dolmadakia, involtini di foglie di vite ripieni di riso alle erbe e talvolta carne.
I souvlaki, spiedini di carne di vitello, pollo, maiale.
L’agnello arrosto sulle erbe.
Il caffé turco che è greco ma anche arabo ma pure…che confusione, però, è buono!
Il vino islamico turco e la birra islamica turca.
Il Rezina che o piace o disgusta, sa di muffa.
Il vino di Cipro e di Creta che piacciono anche troppo, ma sono normali…
L’Ouzo e il Tzipouro o Tchiboulo, fatti con anice stellato, bevuti lisci (no acqua, please!)
La Metaxa che non si trova, ma che è molto buona.

PERSONAGGI in disordine sparso
Primo e Franca
Costanza e Gian Maria
Gianna e Damiano
Cesarina e Gerth
Loretta e Danilo
Nicoletta e Fabrizio
Maria Teresa e Renato
Angelo e Silvana
Bruno e Paola
Orazio e Alma


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