UN SOFFIO DI VENTO:
IN CAMPER TRA PROVENZA E COSTA
AZZURRA
di Alberto Angelici
"Un soffio di vento accarezza
Il mio cuore,
nella liberta' del mio vagare
per terra
e per mare…"
(Mario Santini, camperista da 20 anni)
Venerdi' pomeriggio. Tornare dall'ufficio e in pochi minuti decidere
di partire. Puoi, se hai un camper. Subito pensi alle cose da controllare.
Pensi alla cambusa, ma non e' poi cosi' importante: la spesa la
puoi fare anche in viaggio. Acqua ne hai, gasolio pure e con venticinque
litri di propano puoi cucinare per sei mesi. Metti a bordo le carte
geografiche e il navigatore satellitare, stampi qualcosa da internet
su luoghi di sosta e campeggi, vestiti pochi, tanto non vai a gala'
ne' alla prima della Scala. La moglie e' gia' pronta, un vero fulmine…ah,
si', mancano i libri: come si fa a vivere senza libri? Una corsa
nello studio e arraffi qualche volume e dall'armadietto dei film
qualche dvd e vecchie cassette che non ricordi piu'. Via! Sempre
senza programmi precisi, solamente una destinazione di massima,
il desiderio di scorazzare laggiu', questa volta nel sud della Francia,
una regione che conosci poco o affatto.
Nessun bisogno di correre, tanto la vacanza, breve o lunga che sia,
inizia quando chiudi dietro di te il cancello bianco con le punte
azzurre, azzurre come i cieli che ti troverai davanti.
Via! Allarghi le braccia sul volante, orizzontale e comodo come
quello di un camion, sbirci i led e i pulsanti della centralina
elettronica di bordo: tutto regolare Mentre casa tua scompare dietro
la prima curva e ti domandi se armadietti e frigo sono ben chiusi,
sullo stereo gira una tua compilation mozartiana.
Via! Passi il casello, l'autostrada si apre davanti a te sui limpidi
gorgheggi di un'aria dal Don Giovanni. Pensi che hai settecento
chilometri di autonomia-gasolio e tempo, tempo davanti a te, la
migliore compagnia per condividerlo e tutta la liberta' necessaria
per andare ovunque, fermarsi dove e' meglio e solo quando lo si
desidera. Il ristorante e' con te, ma lo deciderai tu se approfittare,
invece, delle tante proposte che la strada offre.
Liberta'. La respiri nei polmoni, te ne riempi la testa, la stringi
tra le mani, la senti tua. Senza mediazioni, senza limiti che non
siano il desiderio di fermarsi, uno scorcio di natura, la voglia
di esser parte di cio' che ti circonda. Per un'ora o per una settimana,
e dove prima c'era un lembo di prato o asfalto hai un ristorante
e una camera da letto, libri da leggere e film. Anche una doccia,
se ti va.
Facciamo che questa volta sara' Provenza? Certo, cosi' tutto s'incastra
bene: riunione di lavoro a Genova il venerdi' mattina e saremo gia'
sul posto la sera precedente. E' tardi, quasi mezzanotte, quando
arriviamo perche' l'ufficio non ci mollava ma che importa? Se il
sonno avesse rese pesanti le palpebre si sarebbe fatta sosta a meta'
percorso.
Il grande parcheggio dello stadio Ferraris e' mezzo vuoto; ci
sono gia' stato altre volte e la posizione migliore e' al centro,
equidistante dalle due strade che lo lambiscono e abbastanza lontana
dai rumori di entrambe. Una veloce tisana calda, tappi nelle orecchie
per sicurezza, tiriamo le tendine sul mondo e siamo a nanna.
Il giorno successivo, pochi gesti e, terminata la riunione, un
rapido cambio d'abito fa sparire in armadio giacca, cravatta e tailleur.
Pile e comodi pantaloni ne prendono il posto e iniziano le gallerie.
Via una e subito la successiva: sembrano non finire mai ma negli
squarci di luce che le separano s'infila un sole limpido e l'esuberanza
della macchia mediterranea che per me fa rima con vacanze.
Passiamo Ventimiglia, poi Nizza, il principato di Monaco e la
ressa di palazzi affastellati come scorta invernali di ceppi per
il camino...brrr che brutti! A Freijus lasciamo l'autostrada, che
proprio non ci piace, e prendiamo per l'interno, verso il nord.
Le statali, spesso anche le provinciali, qui in Francia sono ottime,
scorrevoli e ben tenute. Perfetta la segnaletica, che ci dice sempre
dove siamo; facile quindi orientarsi sulle cartine, se non si vuol
lasciare il compito al navigatore che con garbo e voce vellutata
suggerisce svolte e cambi di percorso.
Basse colline fitte di vegetazione simile a quella appenninica
poi per una mezz'ora la natura e' ibrida e a querce e carpini s'alternano
i pini marittimi e i cespugli d'oleandro convivono con il bosso
e il nocciolo. Il traffico e' scarso, scompaiono i camper che fin
dalle prime ore del giorno affollavano l'autostrada. La carreggiata
e' larga, sinuosa ma piacevolissima e mai, mai una buca, mai un'irregolarita'
sull'asfalto, cosi' che il nostro semi-integrale Laika viaggia liscio
e noi con lui.
Superiamo molti piccoli centri abitati. Nel mezzo, perche' la
Francia non ha mai sentito il bisogno delle circonvallazioni, presenti
solo nelle citta'. Scarse le case, colline a perdita d'occhio, dense
di bosco giovane e, per un po', di un fitto sottobosco di profumatissimo
rosmarino in fiore e timo, tanto timo. Al primo slargo mi fermo
e mentre il "resto" dell'equipaggio leggiucchia sul letto,
ne riempio una sporta e quell'aroma ci accompagnera' per tutto il
viaggio.
Un largo spiazzo nei pressi di Sillans la Cascade ci ospita per
i tempo di uno spuntino e di una pennica. A pochi metri da noi altri
due camper fanno lo stesso e decido di aprire una parte della veranda
e tirare fuori un paio di poltroncine dal gavone. Sulla strada poche
macchine ma molte bici, soprattutto mountain bikes. Un cartello
dice che il sentiero per la cascata inizia poco avanti e in un'ora
conduce proprio sotto al salto d'acqua. Due bambini giocano con
la palla, corrono e si rincorrono ma le loro voci tranquille non
danno alcun fastidio. Quanta pace, sotto quei platani che a migliaia
scandiranno la nostra prima vacanza nel sud della Francia!
Poche ore dopo, l'ennesimo paesino m'attira per l'aspetto particolarmente
sonnacchioso. A forma di esse, come il torrente accanto al quale
si distende, La Breguière appare piccolo e' piacevole. File
di casette vecchiotte ma in ottima salute si stringono sul lato
destro e salgono, sempre piu' fitte, sul fianco ripido del crinale
al cui culmine intravedo la silhouette di una pieve antica. A sinistra
i soliti platani aprono sull'ombra di un ampio parcheggio. Segnalo
(ma a chi, che non c'e' un'anima?) e giro. Mi guardo intorno. Al
fondo e' in sosta un autobus, poche auto attorno. Unica presenza,
un bambino che pedala con energia restando alto sul sellino, quasi
in piedi. Le ruote sono rosse e molto piccole e resto per un momento
a guardare l'inconsapevole balletto, quel frullare allegro dentro
e fuori dalle ombre frastagliate del viale, in contrasto acceso
con l'immobilita' di tutto il resto.
Sul lato sinistro, tra un tronco e l'altro, inaspettatamente,
alcune colonnette in cemento e l'inconfondibile sagoma delle prese
azzurre tripolari a norme CEE. Accidenti, penso, se funzionano,
questa e' davvero una culata grossa! Accosto e verifico che in effetti
la corrente c'e'. E se ci fosse da pagare? Mica voglio che poi dicano
che il solito italiano ha fatto il furbo ma a chi domando che pare
in vigore il coprifuoco piu' rigoroso? L'autista della corriera
e' appena arrivato, avvia il motore. Prima che se ne vada, domando
a lui, inaugurando il mio francese, che quando vivevo a Parigi era
davvero passabile.
"Mais non…mais non, vous pouvez vous engagez…pas
de problème. Les prises sont là pour le marchai du
mercredi' mais vous pouvez vous aussi les utilizer!"
L'uomo e' gentile, molto amichevole e sembra sicuro, mentre dice
che pur essendo , le prese di corrente, messe li' per i banchi del
mercato settimanale, posso senza dubbio utilizzarne una. Puoi vede
la mia espressione esitante e, ridendo, chiarisce che di sicuro
non rischio la prigione. In ogni caso, lui si chiama Henri e se
qualcuno obiettasse qualcosa - aggiunge sorridendo - posso pure
dire che lui mi ha autorizzato.
"Tout le monde me connait, ici, tout le monde, donc …"
Fa spallucce, sorride, sale sull' autobus azzurro, da gas e, salutando
dal finestrino con il braccio, in una pernacchia di fumo grigio
scompare oltre la fontana di pietra che ricorda i caduti del '15.
Grazie, Henri.
Non avrei voglia di cucinare, cosi' tentiamo una ricognizione:
chissa' che in tanto deserto non troviamo un ristorantino come si
deve. Laggiu', per esempio, dove un'insegna colorata, l'unica accesa,
balugina tra i rami bassi dei platani.
Auto parcheggiate, tutte francesi, senza alcuna eccezione, botteghe
chiuse, molte porte hanno il campanello al centro del battente,
piccolo come un brufolo.
Occhieggio le insegne, cosi' domani mattina faccio un po' di spesa…
Ecco la boulangerie, il forno, e anche un frutta e verdura, tra
il parrucchiere e l'agenzia immobiliare la cui pubblicita' rosso-blu
mi aveva fatto sognare una cena tranquilla: pochi tavolini, magari
una candela accesa, un promettente menu' e il sorriso caldo di chi
forse aspetta proprio noi. Quanta fantasia, tutte illusioni! Tanti
patacchini di case in vendita, invece, qualche foto a colori e molti
slogan: altro che menu promettente. Vabbe', chi se ne frega: tanto
il frigo e' pieno e la dispensa pure e, mentre all'ultima casa del
paese passiamo sull'altro lato e torniamo sui nostri passi, gia'
penso a cosa passera' stasera la mensa su ruote.
Insalata di lattuga e valeriana, risotto allo zafferano (in busta,
che credevate?) e pecorino sardo per finire. Anche pane abbrustolito
e, dopo, tisana bollente da sorseggiare mentre sullo schermo piatto
scorrono i titoli di Chocolat.
Il parcheggio s'e' affollato di auto e furgoni ma nessuno sembra
far caso a noi e al cavo che ci collega alla presa di corrente.
La mattina ce ne andiamo di buon ora ma non prima di aver rifornito
la cambusa di baguettes appena sfornate e di croissants ancora caldi.
Procediamo tranquilli sulla D561 in un traffico sempre modesto.
Tavernes ... Rians...altre spruzzate di case e a Peyrolles imbocchiamo
la statale N96 e la percorriamo per un breve tratto che, stranamente,
ci riporta alla D561.
Ancora paesi e paesini, mentre il traffico infittisce e preannuncia
l'approssimarsi di Avignon, la citta' dei papi.
I viali d'accesso alla citta' sono larghi e comodi. Molti i camper
e i caravan. Cerchiamo un parcheggio adatto alla nostra mole e percorriamo
un paio di volte la strada che costeggia le antiche mura ma senza
trovare uno spazio sufficiente e decidiamo di allontanarci un poco
verso la periferia finche' troviamo cio' che fa per noi: un ampio
parcheggio per autobus quasi deserto. Prepariamo le biciclette e
attraverso i vicoli medievali dirigiamo al centro entrando dalla
Port Lambert, al lato opposto a Place du Palais e a Place de l'Horloge,
gremite di caffe' all'aperto e di ristorantini. L'impronta turistica
e' forte ma inquina solo in parte il fascino di una bella citta'
piena di storia. La visita al palazzo dura un paio d'ore, assistita
dall'ausilio di registratori portatili che, al tocco di un pulsante,
ci spiegano la funzione di sale e loggiati.
Il piccolo apparecchio, simile a un cellulare, racconta per sommi
capi le vicende del palazzo fin da quando nel 1304 l'arcivescovo
Bertrand de Got, eletto papa con il nome di Clemente V, vi si trasferi'
scappando da Roma con il pretesto del clima poco sano ma in realta'
per sottrarsi alle forti tensioni e ai conflitti. Per 77 anni, fino
al ritorno dei papi a Roma all'elezione di papa Gregorio XI, della
stessa nazionalita', si assistera' a un forte controllo del papato
da parte della corte francese. Molti furono in quegli anni i nuovi
cardinali francesi e si manifesto' chiara l'importanza della Chiesa
di Roma come centro di potere e di suddivisione dei poteri sotto
forma di onori, titoli, elargizione di proprieta',ecc.
Causa le tante razzie e spoliazioni, gli assedi cui fu sottoposto,
la distruzione e successiva ricostruzione e i cambi di destinazione
cui nei secoli fu sottoposto, tra cui quelle di ospedale e di prigione
in epoca napoleonica, l'imponente complesso monumentale si mostra
oggi quasi totalmente privo di arredi ma conserva chiare tracce
degli antichi, originali fasti che contrastano con lo stile scarno
ed essenziale di strutture che, piu' che una reggia e la sede papale,
ricordano la possente severita' di una fortezza gotico-normanna.
Ripreso possesso della nostra casetta ambulante dopo un discreto
pranzo sotto il tendone esterno di un bistrot di Place de l'Horloge,
torniamo in strada, diretti a sud. Il tempo non e' dei migliori,
piove e la temperatura si e' abbassata; decidiamo quindi di lasciare
Aix per una prossima visita e dirigiamo alla costa che raggiungiamo
la mattina successiva dopo un pernottamento dalle parti di Le Broussan
alle spalle di Tolone in un camper service. E' piccolo e gia' gremito
di mezzi ma il proprietario di un camper francese gentilmente ci
aiuta e ci sistemiamo nel poco spazio accanto a lui. La mattina
dopo, mentre sto scaricando i serbatoi prima della partenza, due
gendarmi cortesemente ma fermamente c'invitano a lasciare lo spazio
che durante il giorno e' anche parcheggio di un magazzino all'ingrosso
di materiali elettrici.
La strada e' tortuosa e non molto larga, attraversa boschi variegati
di pini, d'abeti e di giovani querce ma non appena arriviamo in
vista di un mare intensamente blu, alle spalle di Tolone, ricompare
la macchia mediterranea mista a una ricca vegetazione subtropicale
in cui non mancano neppure i banani con tanto di frutti. La temperatura
e' quasi estiva, forse dieci gradi superiore al giorno precedente,
le spiagge sono inaspettatamente gremite di gente che prende il
sole e fa il bagno.
Un po' saturi di montagne e di boschi scegliamo di restare sulla
litoranea e, nei pressi di Hyères, di inoltrarci sullo stretto
istmo che collega la terraferma con la penisola (un tempo isola)
di Giens, in qualche modo simile all'Argentario ma secondo me assai
piu' bella e meno invasa dal cemento.
La giriamo lentamente, fino ad arrivare alla Tour Fondu, sulla costa
sud, piccolo porto d'imbarco per l'isola di Porquerolles. Il paesaggio
e' singolare e affascinante e l'ambiente marino convive accanto
a una laguna interna che ricorda le valli del Po. Costeggiamo alcuni
campeggi semivuoti e di aspetto molto gradevole ma e' ancora presto
e decidiamo di procedere oltre e di trascorrere la notte dalle parti
del profondo golfo di Saint Tropez, una cinquantina di chilometri
piu' a est.
Oltre Cap Benat si estende la Corniche des Maures, una zona di
rocce dalla tinta violentemente rossa, come la terra dei campi da
tennis o come quella di tanta parte del continente indiano. Il color
ruggine acceso contrasta meravigliosamente con la lussureggiante
vegetazione e con le mille variazioni di azzurro, turchese e blu
di un mare che lungo la costa rompe su infinite piccole calette
che dalla strada a volte possiamo solo intuire. Lunghe fughe di
scalini sono state intagliate nella roccia e splendidi elissi di
sabbia appena si scorgono in basso tra gli scogli e ricche residenze
alcune delle quali abbarbicate alle rocce come aquile sul ramo.
La vegetazione e' davvero e sempre opulenta e sana, curatissima
quella pubblica lungo le strade e nei numerosi giardini che sembrano
unire le localita' costiere senza soluzione di continuita'. Restiamo
ammirati di come, proprio il verde pubblico, a differenza di cio'
che capita spesso nel nostro Paese, sia curato in ogni particolare.
Superiamo un gran numero di squadre di giardinieri che, come formichine,
tagliano, rasano, rifilano, piantano, potano. Il colpo d'occhio
e' in taluni tratti davvero formidabile: una sequenza continua di
bordure dai colori accesi e palme di ogni dimensione e varieta'
e prati verdissimi e perfetti, sempre dotati di impianti automatici
d'irrigazione, il tutto molto pulito: e' raro, infatti, che ci s'imbatta,
come invece capita spesso da noi, in bottiglie e lattine abbandonate,
magari a un metro dai cestini della spazzatura. Questa sensazione
di grande armonia, bellezza e ordine rendera' ancora piu' stridente
il rientro in Italia. Stessa natura, piu' o meno, stesse rocce e
medesima vegetazione ma il cambiamento e' cosi' evidente e netto
da suscitare un senso di squallore. Appena superato il cartello
azzurro che dice "ITALIA", ricomincia la spazzatura, cartacce
abbandonate, ringhiere rugginose e marciapiedi sconnessi in cui
le erbacce si sono scavate la casa. Il verde pubblico in molti casi
andrebbe piu' giustamente definito marrone pubblico perche' la scarsa
manutenzione, l'abbandono e la maleducazione dei passanti ha reso
stenta l'erba e riportato a vista il terreno sottostante. Perfino
le palme che "di la' " parevano spazzolate una per una,
qui appaiono sparute, malsane e spelacchiate. Non e' esterofilia,
quella che mi fa parlare, bensi' amore per un Paese che potrebbe
essere secondo a nessun altro per bellezza e ospitalita' e che invece
tutti noi non sappiamo amare abbastanza, valorizzare e amministrare
al meglio ma che, anzi, sembra sempre piu' imbruttirsi e peggiorare.
L'ultima notte in territorio francese la trascorriamo in un piccolo
ma ordinato campeggio nei pressi di Les Issambres, appena fuori
dal golfo di St.Tropez. Sistemiamo il nostro laika sotto i pini
a pochi metri da una bella spiaggia sassosa. Davanti a noi, oltre
uno stretto braccio di mare, un isolotto roccioso regge una snella
torre che pare in ottime condizioni e mostra i segni di un recente
restauro: forse la residenza estiva di qualche riccone che non ama
la ressa…
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