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VIAGGIO IN ISLANDA (8 - 17 GIUGNO 1995)

testo e foto di Vito La Colla

N.B.: I numeri segnati accanto alle varie località indicano il progredire dei giorni del nostro periplo, e sono collegati ai vari paragrafi.

Protagonisti: i coniugi Vito e Laura, di Palermo
Mezzi usati: aereo, auto noleggiata.
Volo utilizzato: per risparmiare l'alto costo della tratta Italia-Islanda, abbiamo inserito la tappa in Islanda durante un viaggio negli USA.
Così facendo, abbiamo utilizzato il volo Icelandair da Lussemburgo a New York, con sosta a Rèykjavik.
In questa maniera siamo arrivati nella famosa isola praticamente gratis. In nove giorni abbiamo effettuato un comodo giro nell'isola.
Dall'Islanda a New York il viaggio dura 5 ore.
Il viaggio è costato, tutto compreso: grosso modo, 2000 € in Islanda e 8000 € negli USA (24 giorni).
Il volo Palermo-Lussemburgo-Palermo è costato circa 200 €.
Durata: 33 giorni
Soddisfazione: grandissima, anche perchè tutto, o quasi, è andato liscio.


Cari amici, un resoconto di questo bel viaggio islandese, durato nove giorni (dall'ora di arrivo a quella di partenza, ma dieci giorni come data), sulla via verso gli Stati Uniti.
Abbiamo scelto giugno, un po' perchè è l'inizio della bella stagione in Islanda, un po' perché a giugno cadeva il mio 60° compleanno, e un po' per assistere ai festeggiamenti a Reykjavik per l'anniversario dell'Indipendenza, il giorno 17, che ci incuriosivano.

PRIMO GIORNO giovedì ( 8 giugno )
Siamo partiti da Palermo di mattina presto. Tappe a Roma e a Lussemburgo, dove ci siamo imbarcati, verso le 14, sul volo Icelandair per la capitale dell'Islanda. Volo ottimo, due ore e 3/4, e atterraggio all'aeroporto di Kèflavik verso le 17. Durante il viaggio abbiamo fatto la conoscenza con l'idioma islandese, dalla voce delle hostesses che parlavano ai microfoni. Gradevole, un po' gutturale, dalla strana cadenza.
Freschetto e leggero venticello. Dopo le brevi formalità doganali, siamo andati al banco del noleggio auto, dove avevamo prenotato un'autovettura, presso la ditta A.L.P. Dopo venti minuti eravamo già in viaggio, pieni di gioia e di curiosità, sulle strade pochissimo frequentate di quest'isola magica, lontano dal mondo, e con paesaggi primordiali.
La prima sosta, alla laguna Blu, sulla strada verso la capitale. Si tratta di un laghetto di acque termali tiepide, dove chi fa il bagno si immerge in un'acqua medicamentosa, che cura psorìasi e altre malattie cutanee. Avevamo portato nella borsa da viaggio i costumi, e l'esperienza è stata piacevole, Fuori, senza abiti, c'era abbastanza fresco, ma subito si entrava sotto le docce calde e ci si rivestiva frettolosamente. Alle 19.30 circa arrivavamo a Reykjavik, dove raggiungevamo la "stanza in famiglia", bed and breakfast, nel centro della città. Stanza piccola ma confortevole, prezzo, allora circa 80.000 lire a notte per ambedue. Passeggiata per i quartieri e poi a nanna.

SECONDO GIORNO venerdì
Alzatici di buon'ora, dopo il non tanto lauto breakfast uscivamo per esplorare la capitale. Giornata di sole, con un cielo azzurro e accogliente. Saliamo con l'ascensore sul campanile di una chiesa luterana moderna, la Hallgrimskirkja, costruita fra il 1940 e il 1974, posta su di un'altura. Da lassù dominiamo il panorama della capitale europea più a nord. Tetti multicolori, aria tersa, strade con poche auto in transito, molte aiuole ma pochi e striminziti alberi.
REYKJAVIK
La baia con il mare di un bell'azzurro e, in fondo, montagne non tanto alte, ancora innevate.
Nel centro c'è un grande lago artificiale, diviso da un ponte: è pieno di cigni, anatre, gabbiani. Il modernissimo Municipio si tuffa con le pareti in queste acque. Un piccola e semplice piazzetta, con un brutto monumento al centro, fronteggia il palazzotto scuro dove risiede il Parlamento della Repubblica islandese (l'Althing), che è uno dei più antichi del mondo.
Quest'angolo della capitale sembra il capoluogo di qualche piccola provincia italiana.
Le case a Reykjavik sono basse e moderne: non c'è quasi niente di antico, se non qualche palazzo di un secolo o due fa. Molti monumenti di arte moderna.
Parecchi bambini biondissimi, che giocano nei piccoli parchi dei giardini pubblici. Il ristorante, come tutto in Islanda, costa carissimo, e ci andiamo una sola volta. Poi panini o "tavole calde". Chiamiamo casa dal telefono pubblico. La sera il sole tramonta tardi, dopo le dieci. Visitiamo anche la tetra e scura (di fuori) cattedrale cattolica, per le poche centinaia di fedeli di questo credo presenti nella capitale.

TERZO GIORNO, sabato
Visitiamo una mostra all'aperto di uno scultore islandese, e il museo all'aperto con chiesette in legno, costruzioni ricoperte di strati erbosi, statue e interni arredati con gusto. Poi cominciamo il lungo viaggio attorno all'isola (quasi tutta, escludendo la parte orientale e sud-orientale, per motivi di tempo).
Inizialmente ci spingiamo ad est, raggiungendo in poco tempo la spianata dei geyser. Questi soffioni di acqua calda e vapore prendono il nome da una località lì vicina, il cui nome si pronuncia gheiser, e non gaiser, come siamo abituati a sentire in giro. Uno solo, lo Strokkur, dà spettacolo: ogni 5 minuti lancia in aria un potente getto di vapore misto ad acqua ribollente, alto circa 15 metri, che nasce da una bolla verde di acqua che esce lentamente dal piccolo cratere e poi esplode istantaneamente.
CASCATA SKOGAFOSS
I turisti stanno discosti, ma non così tanto, al di là di apposite funi. Stanno fermi, immobili, con le loro macchine fotografiche, attendendo di rubare l'attimo della fuoriuscita. Altre piccole fonti di acqua calda, fumarole, "stufe", e laghetti tranquilli. Pochi visitatori.
Io uso la fedele telecamera, che mi permette di riprendere al meglio le frequenti eruzioni di acqua bollente, bianchissima.
Da lì ci spingiamo alla vicinissima cascata Gullfoss (gull significa oro e foss cascata). La cascata d'oro, una delle attrazioni principali dell'Islanda, si chiama in questo modo perchè i raggi del sole, passando attraverso la spuma, danno alla valanga di acqua un aspetto luminoso e splendente. Grande spettacolo, grande fragore. La natura nella sua possanza. Laura è affascinata. Molti turisti, che si avvicinano pericolosamente. L'acqua precipita in uno stretto baratro, e non si vede il fondo di questa caduta, ma solo la spuma che sale, vorticosa. Poi il fiume prosegue in un profondo canyon, dalle pareti scure a picco.
Dirigendoci poi verso sud est, arriviamo verso sera ad un'altra famosa cascata, Skogafoss, vicinissima alla costa, completamente diversa da Gullfoss. Una tenda possente di acqua scende da un salto, e noi l'ammiriamo dal basso, non lontani dalla riva del mare. Campeggi, pochi turisti (sono le ore 22, ma la luce è ancora notevolissima).
Poi, una bella cena in un fornito self service (25 € a testa), e a letto in una costruzione con stanze per gli ospiti, direi un ostello.

QUARTO GIORNO, domenica.
Dopo un ricco breakfast, in mezzo a turisti francesi e inglesi, visitiamo Vik, il punto più meridionale dell'isola. Piccolo villaggio situato su un'altura accanto al mare. Una spiaggia di sabbia nerissima, un mare trasparente che va e viene sulla spiaggia cupa, grossi e strani scogli puntuti a un chilometro, ma quasi irraggiungibili. Molti uccelli marini che fanno il nido sulla scogliera a picco. Un paesaggio nordico, freddo, magico, pieno di poesia. Poi ripartiamo, verso le undici, verso nordovest, tornando indietro, attraverso un panorama di montagne brulle, ancora striate di neve che si va sciogliendo, pianure coperte di licheni, strade a volte sterrate, ma ampie e ben percorribili. Ogni tanto ci fermiamo e Laura prepara un buon caffè italiano, sopra il fornellino ad alcool, protetto da un apposito paravento.
Sono sicuro che oggi tutto l'anello che gira attorno all'isola sia stato asfaltato.
Durante il percorso lungo le comode strade islandesi, abbiamo spesso incontrato greggi di pecore, stranissime e simpaticissime. Esse stanno sulla strada scura, che risulta un po' meno fredda del terreno circostante (la tinta scura trattiene un po' di calore); quando si avvicina una macchina, esse si alzano senza fretta, e scendono dai brevi pendii ai lati della strada, per poi risalire e riadagiarsi "al calduccio" non appena il veicolo si è allontanato. Non si fanno avvicinare dall'uomo. Appaiono tutte ricoperte da un bianco mantello di lana che arriva quasi fino al suolo, e hanno il muso nero. C'è anche qualche capra, e molti agnellini. E' per me uno dei ricordi più simpatici e piacevoli che ho di questo percorso
Incontriamo diverse cascatelle, rapide, fiumi impetuosi: si vede che è il periodo di scioglimento delle nevi. Arriviamo di sera alla nostra terza tappa del percorso, situata sulla penisola che ha nome Snaefellsnes. Ceniamo e pernottiamo.

QUINTO GIORNO, lunedì.
Arriviamo con la fedele auto a Stykkisholmur: un moderno villaggio sul mare, con un porticciolo. Ci imbarchiamo su di un piccolo traghetto e attraversiamo, in un'ora e mezzo, il grande Breidafjördur. Mare piuttosto calmo, ma le continue, ininterrotte vibrazioni della nave hanno il loro effetto nefasto, su me e molti altri passeggeri. Attracchiamo a Brjanslækur. Un po' stordito e con un forte malessere, guido cautamente, ma, per le mie condizioni, siamo costretti nostro malgrado ad evitare la tappa, cui tenevamo molto, alla punta estrema ad ovest dell'Islanda, il capo Bjargtangar, o Latrabjarg, con rocce a picco sul mare in perenne tempesta, e nidi di uccelli (pulcinelle di mare, urie) incassati fra le nere rocce.
Questo capo è anche il punto più occidentale di tutta l'Europa, se si escludone le isole Azzorre, che non tutti i geografi attribuiscono al continente europeo.
A malincuore proseguiamo. Sarà per un'altra volta.
Pernottamento vicino a Thingeyri, lungo un desolato e nebbioso fiordo.

SESTO GIORNO, martedì.
Di buon mattino consumiamo un'abbondante colazione, offerta dalla simpatica padrona di casa, molto ospitale e sorridente.



ISAFJORDUR

Ripartiamo e percorriamo la tortuosa strada, fra un paesaggio pieno di neve, con dense nuvole attaccate al suolo. Uno spettacolo che stringe un po' il cuore. Solite cascatelle, nevai estesi che si sciolgono, la strada coperta di fango ma percorribile, seppur con prudenza, e una capanna arancione, tenuta fissata al suolo da robuste catene, messa lì per servire da rifugio nel caso di improvvise tempeste e tormente (possibili anche a giugno...). Incontriamo poche automobili; tutte rallentano, incrociandoci, come per vedere se abbiamo bisogno di qualche cosa.
Arriviamo così alla terza città dell'Islanda, Isafjörður, 3000 abitanti, posta all'imbocco del profondo Isafjardardjup, golfo che caratterizza la famosa e spettacolare Penisola dei Fiordi, posta a nord ovest della grande isola, e che muta in quel luogo il perimetro tutto sommato regolare della costa dell'Islanda. Case moderne e basse, una chiesa di fattura interessante, strade quasi senza auto in movimento, negozi anche eleganti, un'atmosfera di pace e tranquillità. Dall'altra parte del golfo domina una vasta conca, striata di neve, quasi un immenso sedile rotondo per qualche mitico gigante: uno spettacolo che attira a lungo gli sguardi, e incanta lo spettatore. Un notevole aeroporto permette contatti frequenti con Akureyri e Reykjavik.
Ci spingiamo ancora ad ovest, dopo Bolungarvik , su una strada lungo la costa, affiancata da una miriade di cascatelle rumorose. Ad un certo punto la

strada è chiusa da un carlello che dice "lokad": la neve blocca il passaggio verso ovest e, quasi a metà giugno (cosa eccezionale, ci dicono) molte località turistiche sono ancora inaccessibili.
BOLUNGARVIK E FIORDO

Consultiamo una guida telefonica, per una nostra occorrenza, e vediamo che gli abbonati sono lì elencati...per nome di battesimo!
Infatti, come ben sapevamo, in Islanda non esistono i cognomi, come noi li conosciamo, ma solo i patronimici. Johann, il figlio di Gustav, si chiamerà Gustavson (e se femmina, Gustavdottir). Quando Johann diventerà padre, suo figlio avrà come "cognome" quello di Johannson, e così via. Un caso unico al mondo, credo. E allora, essendoci migliaia di Gustavson, di Richardson, di Asgeirson, l'elenco del telefono elenca gli abbonati per nome di battesimo. Essi sono molto più vari e non ripetititvi, e perciò è più facile
CASETTA PERNOTTAMENTO RAUDAMYRI
rintracciarli negli elenchi.
Iniziamo dunque, fatta marcia indietro, a percorrere la strada verso est, che ci porterà, lungo la costa settentrionale dell'isola, ad Akureyri. A zig zag, lungo i piccoli e disabitati fiordi, "affluenti" di quello maggiore, con panorami di rara bellezza . Sostiamo per la notte a Rauðamyri, in fondo al grande fiordo, in una deliziosa casetta di legno di forma triangolare, con il tetto, cioè, che arriva al suolo.
Ci dà le chiavi e gli asciugamani una splendida ragazza, accompagnata da una bambina altrettanto bella, forse la figliola, che abita con la famiglia in una fattoria poco lontano. Sistematici, con il riscaldamento acceso, ci prepariamo per la notte. Ma prima, ammiriamo il sole di mezzanotte, sul terrazzino di legno della baita. Anche se qui siamo un po' a sud del Circolo Polare Artico, circa 75 km., si scorge lo stesso il suggestivo fenomeno (che, per definizione, si puo' osservare solo a nord del Circolo Polare). Infatti la rifrazione atmosferica fa apparire il disco solare visibile sopra l'orizzonte attorno alla mezzanotte, anche se esso si trova effettivamente un po' sotto di esso.

SETTIMO GIORNO, mercoledì.
Ci spostiamo, con lentezza, lungo la costa nord dell'isola, scendendo e risalendo lungo stretti golfi. Abbiamo prenotato una summer house a Blönduòs, vivace cittadina alla base della tozza penisola Skagaheiði. dove abbiamo appuntamento con una meraviglia della natura. Che abbiamo scoperto guardando una fotografia sulla nostra guida in italiano. Una meraviglia pochissimo conosciuta in Islanda: solo a Blönduòs un'agenzia turistica ci ha dato, e a stento, qualche informazione. Percorriamo la stretta, ma buona, strada di terra battuta lungo il versante occidentale della penisola, puntando a nord. Dopo Skagaströnd ci fermiamo nelle vicinanze di un moderno faro bianco. Accanto c'è Vogurviti, tanto attesa e sognata: una scogliera di centinaia di pilastri di basalto, disposti orizzontalmente, come se fossero accatastati in un magazzino.

ROCCE BASALTICHE DI VOGURVITI
Proprio in riva al mare, in questo punto calmissimo. Sezione esagonale, regolarissimi e fantastici, alcuni disposti in posizione verticale, come il selciato dei Giganti, nell'Irlanda del Nord, ma più piccoli e meno estesi.
Non ci stanchiamo di guardare questo spettacolo della natura, provocato dal brusco raffreddamento della lava al contatto con il ghiaccio. Bellezza non reclamizzata dal turismo islandese, forse per una sorta di miopia.
Tornati nel paesino, ci accorgiamo che non abbiamo con noi un cavaturaccioli, per aprire una bottiglia di vino portataci dalla Sicilia. Così mi armo di coraggio e, non trovando sul vocabolarietto tascabile la parola inglese corrispondente, uso un sistema infallibile. Disegno su di un pezzo di carta l'oggetto del desiderio, e suono alla porta, poco distante, del padrone della nostra casetta. Appena il mister guarda il biglietto, prorompe in una fragorosa risata, e ci porta subito il cavatappi. Ma al secondo intoppo rimaniamo veramente male. Compriamo nel locale supermercato gli spaghetti - prodotti in Italia ma senza alcuna marca sull'involucro - del burro, e un po' di formaggio e pane. Cenetta nella casetta di legno, a Blönduòs, ma...manca il sale in cucina. Cerchiamo, rovistiamo: niente. I negozi sono ormai chiusi, non vogliamo disturbare ulteriormente i vicini, e mangiamo gli spaghetti al burro completamente insipidi. Capita...


Dopo il pernottamento in uno chalet di legno, alla periferia di Blonduos, arriviamo all'

OTTAVO GIORNO, giovedì.
Percorriamo con l'auto bianca, letteralmente ricoperta di fanghiglia, la tortuosa strada asfaltata verso est. Visitiamo la chiesetta di Viðimyri, a pochi metri dalla strada, deliziosa nella sua semplicità
Poi, dopo brevissima sosta ad Akureyri, la seconda città islandese, moderna e ridente, con vivaci negozi e strade pedonali piene di gente, giungiamo alla più bella, secondo me, delle tre grandi cascate incontrate nel viaggio: Godafoss, la Cascata degli Dei. Disposta a ferro di cavallo, con diversi poderosi getti di acqua, con i numerosi salti non tanto alti, è ancora più affascinante di pomeriggio, con il magnifico controluce che si ammira a quell'ora. Scrivo sulla finissima sabbia delle rive del fiume impetuoso, determinato dalla massa d'acqua di Godafoss, "S.VITO": oggi, 15 giugno, infatti ricorre il mio onomastico.
Durante la strada ci imbattiamo in un cartello, che annuncia questa località, dal nome facilissimo: Raufarhafnarhreppur. Proseguiamo verso est, e dobbiamo rinunciare con rimpianto allo spettacolo della più poderosa cascata d'Europa, Dettifoss. Infatti all'ufficio turistico di Akureyri ci hanno comunicato che la strada di accesso a quest'importante attrattiva islandese è chiusa per neve, e sarà liberata solo fra qualche giorno. Un'altra tappa saltata, dopo lazona ad ovest di Bolungarvik.

VIDIMYRI
GODAFOSS

Il lago Myvatn, spettacolare nel paesaggio lunare circostante, ci attrae, mentre percorriamo in auto le sue rive. Isolette vulcaniche grigio scuro, completamente spoglie, si elevano dalle acque immote; in lontananza perfetti coni di vulcani spenti torreggiano su lande desolate, letteralmente costellate di massi enormi e piccoli, lanciati in cielo da qualche violenta eruzione, secoli fa. Oppure lasciati sul suolo da enormi ghiacciai che si sono, nel corso dei secoli, fusi e ritirati. Comunque sia, sembra proprio il suolo di Marte o della Luna. La strada corre verso nord, e arriviamo ben presto a Lundur (il punto più a nord da noi raggiunto nell'isola) dove prendiamo alloggio in una scuola-ostello modernissima, che nella stagione delle lezioni ospita i ragazzini delle medie e delle elementari, provenienti da diversi lontani villaggi, dove tornano solo per il week-end.
D'estate è utilizzata come albergo. Atmosfera da Shining nei larghi corridoi, nei bagni enormi e vuoti. Pochi turisti, questa sera a Lundur. Ammiriamo di nuovo il sole di mezzanotte; questa volta distiamo dal Circolo Polare solo una cinquantina di chilometri.

NONO GIORNO, venerdì.
Facciamo una ricca colazione, nel grande refettorio dove tutti, e noi ci associamo, camminano a piedi scalzi. Quest'è un'abitudine diffusissima in Islanda. Camminare a piedi scalzi nelle camere di un appartamento è segno di rispetto e di pulizia.
Visitiamo poi la impressionante gola di Asbyrgi, con pareti di roccia perfettamente verticali (e con l'immancabile cascatella). Sotto, un laghetto dalle acque limpide riflette i raggi del sole. Stranamente, troviamo molti alberi, e la boscaglia è abbastanza fitta; forse la località è riparata dal vento artico, proprio dalla grande muraglia di roccia. Ma troviamo anche neve, nelle zone ancora in ombra, che percorriamo stupiti ma anche con molta cautela. Dopo aver visitato le fantastiche rocce di Dimmuborgir, che creano un paesaggio di fiaba e di fantasia, ci dirigiamo di nuovo ad Akureyri, dove lasciamo la cara autovettura che ci ha accompagnato. Pago il noleggio ad una biondissima miss del luogo, fasciata nella sua divisa, alta e sinuosa, e facciamo un giretto suppletivo per la città. Dopo la cenetta, all'aeroporto, dove un volo, prenotato dall'Italia, ci porta in un'ora a Reykjavik. L'aereo è pieno, essendo un venerdì, e benediciamo l'idea che abbiamo avuto, di fissare in anticipo il biglietto. Dall'oblò, scorgiamo desolate distese di neve, ghiacciai, laghetti, rocce nere emergenti dalla nebbia. Nessun centro abitato: l'Islanda è popolata quasi soltanto sulla costa.
Alle dieci e mezzo c'è ancora luce, nella capitale islandese, ma non come a Lundur. Esausti torniamo nell'appartamentino in centro, dalla coppia di mezza età. Alla quale, in segno di commiato, regaliamo una bottiglia di vino siciliano, portataci dall'Italia.

DECIMO GIORNO, sabato, 17 giugno.
Festa nazionale dell'Islanda, che ha conquistato la piena indipendenza dalla Danimarca il 17 giugno del 1944.
La città è imbandierata e i negozi sono tutti chiusi. Seguiamo la discreta folla diretta alla piazzetta davanti al Parlamento. Pioviggina. Stanno preparando dei piccoli palchi, e le sedie per le autorità sono protette dalla pioggerella da appositi teli di plastica trasparente appoggiati sopra. La folla, composta, sta in silenzio, mente una banda e un coro allietano l'attesa. Atmosfera quasi paesana, ma con persone serie e ben vestite, conscie del loro ruolo in questo piccolo e lontano Stato europeo.
Verso le 10 arriva un corteo, partito dal vicino Parlamento: è il Corpo Diplomatico, composto da una trentina di ambasciatori. C'è anche l'anziano Nunzio pontificio, accompagnato dal segretario. Ancora un po' di attesa, ed ecco giungere, in breve corteo, il capo dello Stato islandese, la signora Vigdis Finnbogadottir, accompagnata, ad un passo di distanza, dal Primo ministro David Oddsson. Il presidente depone la corona d'alloro alla base del monumento (il primo presidente della Repubblica?). Poi tutti si siedono, con l'ombrello che li ripara dalla pioggerella, e il primo Ministro legge un breve discorso. Segue una poesia patriottica letta da una ragazza in costume islandese. La banda suona gli inni, e poi tutti escono dal piccolo, modesto giardino, per avviarsi alla cattedrale luterana, per il "servizio divino".
Noi torniamo, soddisfatti, a casa e ci congediamo dai due ospiti. Ci dirigiamo in autobus all'aeroporto, pronti al "grande balzo" attraverso l'Atlantico: fra cinque ore saremo in vista di New York!



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