SVALBARD
Longyearbyen 78° parallelo, ultima fermata prima del Polo Nord.
Fino allo scorso anno non ero a conoscenza di queste isole, poi
dopo essere stato a Capo Nord la mia passione per i paesi nordici
in inverno mi ha fatto scoprire questo posto, non ho avuto il minimo
dubbio, dovevo arrivare alle Svalbard !
Oltre 6 mesi prima iniziavo ad approfondire la conoscenza del posto,
quando andare, i mezzi per arrivarci, dove soggiornare ecc, questo
è fondamentale per sfruttare al meglio il viaggio e risparmiare
sui costi.
Almeno per quest’anno le possibilità del volo erano
limitate con la SAS, a fine agosto dello scorso anno acquisto il
biglietto Oslo / Longyearbyen (234 euro A/R), dal 12 al 18 febbraio,
è possibile anche partire da Tromso dove si effettua uno
scalo, l’avventura era iniziata.
Avevo molti mesi per cercare tutto con calma, come dicevo prima
le date scelte non erano casuali, dalla prima settimana di febbraio
la luce inizia ad arrivare al 78° parallelo, prima di quel periodo
gli operatori turistici non effettuano escursioni e il cielo è
troppo buio per offrire paesaggi stupendi, la metà di febbraio
era per me il momento dell’inverno più adatto per andarci.
Visti gli orari della partenza e arrivo a Oslo capisco subito di
non riuscire a fare il viaggio in un giorno, cosi decido di spezzare
facendo due giorni ad Amsterdam.
9 febbraio, si parte da Torino per Milano, con
Easyjet arrivo a Amsterdam in serata (32 euro), stavolta ero gia
carico alla partenza con valigia piena e zaino, indumenti da sci,
stivali e sacco a pelo.
11 febbraio, verso sera si riparte per Oslo con
volo Sterling (50 euro), arrivo a mezzanotte e fatico a trovare
un posto comodo dove passare la notte in aeroporto, menomale che
trovo una panchina libera nascosta dietro una scala mobile, anche
se non riuscirò mai ad addormentarmi in un aeroporto, poi
il problema di essere solo mi costringe a dovermi muovere con tutti
i bagagli.
In qualche modo il mattino arriva, alle 6,00 faccio il check in,
il volo sarebbe dovuto partire alle 9,20 ma abbiamo 45 minuti di
ritardo per problemi, rimango stupito per il numero di persone che
si imbarca, pensavo di essere il solo che decide di arrivare alle
Svalbard in inverno, ma poi immagino che scenderanno tutti a Tromso,
effettivamente allo scalo ci dicono che chi proseguiva doveva rimanere
al proprio posto e scendono circa metà delle persone, ma
risalgono un buon numero, saremo almeno 70.
Il volo dura circa 4,30 ore, anche se praticamente è composto
da 2 voli in sequenza, essendo a 10.000 mt. vediamo il sole per
quasi tutto il tragitto, solo nell’ultima ora scompare quasi
all’improvviso all’orizzonte e siamo avvolti da quel
buio artico che fa uno strano effetto all’inizio, chi lo ha
provato capirà, per me era la terza volta, dal finestrino
si vedevano solo montagne bianche e mare scuro con qualche lastra
di ghiaccio, l’atterraggio è tranquillo sulla pista
ghiacciata, c’è un solo volo al giorno per cui non
c’è traffico, in un minuto siamo già fermi pronti
a scendere, quattro passi e siamo all’interno, è tutto
limitato per uno, un solo nastro valigie, un solo gate, tanto arriva
solo un aereo.
Ad aspettarmi Stefano della Poli Artici, questa era stata una sorpresa
di trovare durante l’organizzazione un operatore Italiano
che lavora lassù, le scelte si contano sulle due mani e ci
vuole poco per trovare tutte le possibilità di soggiorno,
si tratta solo di scegliere tra comodità centrale a un prezzo
più alto o in fondo al paese con prezzo più basso,
tutto il paese è concentrato in un km.
Stefano ci offre invece una casetta indipendente con una camera
al piano terreno e una al primo piano, ognuna con cucina, bagno
e tre posti letto, uso singolo 400 NOK al giorno.
Appena sistemato sfrutto le ore del pomeriggio, anche se ormai era
scuro, per vedere cosa offre il paese. Longyearbyen è l’unico
centro abitato dell’isola con circa 1800 abitanti, ci sono
poi un paio di altri villaggi con alcune decine di persone. Un tempo
abitazioni di minatori che estraevano il carbone dalle diverse miniere
in zona, sono ancora conservati i tralicci in legno della teleferica
che portava il carbone in città, oggi alcune miniere sono
ancora attive e il carbone viene portato con i camion alla centrale
termica che fornisce il teleriscaldamento alla città, d'altronde
l’unica fonte di energia sull’isola è questa,
tutto il resto, combustibili, generi alimentari devono arrivare
per nave dalla Norvegia che si occupa dal 1925 di amministrare le
Svalbard.
Il trattato internazionale, firmato da oltre 40 paesi, pose oltre
80 anni fa le Svalbard sotto sovranità Norvegese, garantendo,
all'interno dell'arcipelago, gli stessi diritti che i cittadini
dei paesi firmatari godono in patria. Successivamente tale diritto
venne esteso a chiunque, è l'unico luogo dell'Europa occidentale
dove gli immigrati non hanno bisogno di permesso di soggiorno, né
di visto d'ingresso, sempre che riesca a trovare un lavoro e resistere
a 30 gradi sottozero.
Il primo consiglio di Stefano è non allontanarsi dalla città,
e anche non stare in giro di notte, il pericolo orsi è reale,
in quei giorni uno si è avvicinato al paese. Ci raccontava
anche che altre volte sono state trovate al mattino impronte di
orso nelle strade e nessuno aveva dato l’allarme, non è
consigliato ma se si vuole allontanare dal paese bisogna affittare
un arma (senza bisogno del porto d’armi), mentre per le escursioni
“fai da te” bisogna avvisare il Governatore, avere un’assicurazione
per il recupero, affittare un navigatore, razzi segnalatori, radio,
kit pronto soccorso ecc, decisamente sconsigliato.
Faccio la prima uscita, ci sono -10°, a 300 mt. ho già
l’ufficio turistico (avevo chiesto per posta un catalogo e
mi era arrivato in 3 giorni! ), appena entrati si impara subito
che in quasi tutti i posti comprese le case (eccetto i negozi e
bar) bisogna togliersi gli stivali, c’è sempre un guardaroba
all’ingresso con ciabatte, prendo qualche guida e mappa, anche
se in due ore si impara a conoscere le quattro strade della città,
ci sono poi libri, souvenir (presenti in tutti i posti pubblici),
la tabella delle escursioni settimanali degli operatori turistici
e l’unico museo che visiterò nei giorni seguenti, a
fianco si trova l’università.
Salgo poi nella strada centrale dove si trova il 90 % di tutto,
il primo edificio a sinistra e l’Hotel Radisson SAS, all’interno
è presente il ristorante, una birreria, l’angolo souvenir
e l’unica postazione internet pubblica (anche wireless), sulla
destra Spitsbergen travel tour operator, poi l’ospedale con
attrezzatura di base, un edificio ospita la banca e la posta, curioso
sulla porta il cartello di non entrare con armi, nella banca, come
in qualche negozio, un angolo attesa con sedie patatine e te, dopo
un piccolo centro commerciale con alcuni negozi di vestiti, attrezzature
sportive, souvenir, apparecchiature elettroniche, taglio capelli,
un bar e una birreria, di fronte un supermercato Coop, l’unico
posto dove comprare generi alimentari, sorprendentemente ben fornito,
con annesso negozio sportivo. Al centro della strada c’è
una statua di un minatore in ricordo di questa comunità.
Più avanti altri negozi di attrezzatura sportiva dove affittare
armi e altro, un bar dal nome SbalBar,, Basecamp Spitsbergen un
tour operator con hotel e ristorante, un negozio con generi di ferramenta.
Fuori centro ci sono poi qualche altro negozio di attrezzature sportive,
altri tour operator, 2 guesthouse, la scuola, la chiesa, un venditore
di auto, un meccanico. L’orario di apertura feriale è
dalle 10,00 alle 17,00, sabato e festivi ridotto.
Praticamente tutti i giorni si entra in questi negozi e locali,
bastano pochi giorni e la monotonia diventa quotidiana, penso proprio
che senza un lavoro che occupi il tempo si diventerebbe matti, se
poi pensiamo che alle 15,00 fa buio e per alcuni mesi proprio non
si vede luce.
Il giorno successivo Stefano mi viene a prendere alle 8,30, andiamo
in escursione, la destinazione è scelta dai partecipanti,
però è necessario mettersi d’accordo perché
ci vanno un numero minimo di persone e motoslitte e bisogna calcolare
di avere posto come passeggero se una motoslitta dovesse guastarsi,
questo con tutti i tour operator, ecco perché esiste una
tabella con le escursioni a cui associarsi.
Arriviamo alla sua casa/ufficio e magazzino di attrezzature, siamo
8, la destinazione è Barentsburg, il villaggio Russo, 60
km da Longyearbyen, (1600 NOK) per primo una lezione su come guidare
la motoslitta, poi si inizia con l’equipaggiamento, stivali
con all’interno 2 cm di lana, idem con i guantoni, tuta da
sci intera, passamontagna in lana, casco, occhiali, poi sotto avevo
: due paia di calze, pantaloni e calzamaglia, maglia e camicia in
pile imbottito in lana, sottoguanti e un altro passamontagna in
pile, non pensate che avevo caldo.
Due motoslitte avevano una slitta come rimorchio con l’attrezzatura,
taniche di benzina, contenitori con il cibo e bevande, ricambi per
le rotture, kit medico e di soccorso, radio, fucile e pistola.
Partiamo, nei primi km cerchiamo di prendere confidenza col mezzo,
non è per nulla facile da guidare, non bisogna mai fermarsi
sulla neve fresca o in salita, nei terreni inclinati spostare tutto
il peso per compensare, frenare a intermittenza, facile a dirsi.
Alle prime salite iniziano i guai, ribaltamenti, affondamenti nella
neve fresca, poi ci si mette anche il tempo, neve, vento, a circa
metà percorso scende la nebbia, l’unica cosa da non
perdere è la luce posteriore rossa della motoslitta davanti,
solo che la distanza fra di esse aumenta perché per paura
si accelera, peggiorando in rischio di finire fuori pista, Stefano
ci aveva detto : se vi perdete non muovetevi da dove siete, vengo
io a prendervi, solo che prima che si accorga e arrivi passano 5
minuti e in mezzo a niente di notte con una bufera di neve non è
piacevole.
In più con le soste forzate si perde tempo e visto che si
sono dei tempi da rispettare significa bisogna andare più
forte, dopo circa 40 km arriviamo a un rifugio per una breve sosta,
è l’unica cosa non bianca che avevo visto dalla partenza,
all’interno un letto, una stufa con legna e qualche genere
alimentare, appena ci si ferma bisogna subito togliere gli occhiali
senno l’umidità all’interno li fa ghiacciare,
mi tolgo il guantone per una foto e in meno di un minuto mi si congela
la mano, un dolore.. non riesco più a muoverla, ci vorranno
15 minuti prima che la sento di nuovo, saremo stati a –25°,
poi bisogna fare i conti con il vento che porta la sensazione di
freddo anche oltre 10° in meno.
Finalmente vediamo degli edifici, saremo arrivati spero, ci abbiamo
messo 4,30 ore, ho i muscoli indolenziti per i salti e per tenersi
forte, entriamo nell’hotel e Stefano chiede se possiamo mangiare
all’interno anche solo nell’ingresso, purtroppo no,
loro decidono di mangiare fuori, io ho bisogno almeno di un ora
di caldo, e resto in una specie di bar deserto all’interno,
mi tolgo il passamontagna con un centimetro di ghiaccio davanti,
la barba si incollava e faceva male, se penso che dobbiamo tornare
indietro.
Mi avvicino al bancone, non vedo nulla se non patatine e qualche
cioccolato, una signora è nel retro, le chiedo un cappuccino,
ma fa una faccia strana e dice che non c’è, qualche
minuto dopo mi porta un caffè lungo e una tazza di latte,
vedo che dietro c’è una cucina dove vive e immagino
non abbia la macchina per l’espresso, poco male, mi basta
qualcosa di caldo.
La sosta dura meno di un ora perché è tardi, il passamontagna
non si era neanche completamente scongelato, il tempo di indossare
tutto l’armamentario e sono fuori, passiamo in mezzo al villaggio
ma è troppo scuro per vedere bene, Stefano viste le condizioni
meteo precedenti decide di passare lungo la costa, cosi ci salviamo
dalla nebbia, però sembra faccia ancora più freddo,
le piste sono ghiacciate e veniamo sballottati sulle motoslitte,
il percorso è più pianeggiante e recuperiamo un ora
rispetto all’andata, arriviamo al passo del ghiacciaio di
Longyearbyen con vista sulla città, ancora pochi km e ci
siamo, escursione non da poco, forse era meglio iniziare con qualcosa
di più facile, ho conosciuto subito il lato vero delle Svalbard
con qualche dubbio di tornare indietro intero.
Il giorno successivo riposo, rimango in paese, la giornata serena
era ottima per le foto, i -15° erano una temperatura piacevole
ormai, per la colazione bisogna aspettare le 10,00 perché
tutto apre a quell’ora, acquisto qualche souvenir, pranzo
al ristorante Kroa, alle 12,00 la luce è al suo massimo e
fuori lo spettacolo è assicurato, la luna è sempre
alta nel cielo a qualsiasi ora, i colori sfumano dal bianco al blu
al giallo e rosso infuocato dove il sole è appena sotto l’orizzonte,
le cime innevate delle montagne assumono un colore rosa sul mare
scuro che in parte è ghiacciato perché la città
si trova in un golfo, nuvoloni neri o rosa si alternano qua e là,
tutto questo dura un paio di ore, dopo tutto è illuminato
da una luce blu ed era facile che verso sera e notte si alzasse
un forte vento con bufere di neve.
Gli abitanti si spostano in auto anche per fare poche centinaia
di metri, cosi evitano di vestirsi e svestirsi, tanto la meta più
ambita è il supermercato.
Eccetto la via centrale che è pedonale nelle altre strade
non ci sono marciapiedi e camminare ai lati è difficoltoso
per via del ghiaccio ma le auto si allargano sempre all’incrocio
con un pedone.
Il sabato pomeriggio Stefano ci accompagnava a visitare le Grotte
di ghiaccio (500 NOK) ci equipaggiamo in maniera più leggera
in quanto sono a qualche km di motoslitta dalla città, lampada
da testa e si va, si entra da una botola nel terreno, la discesa
di 5 mt. su scalini di ghiaccio tenendosi a una corda, si arriva
in un cunicolo alto un paio di metri, si cammina su uno strato di
ghiaccio formato dall’acqua dell’anno precedente perché
questi cunicoli in estate sono dei canali di scolo sotterranei,
collaudo i miei stivali nuovi con i ramponi, ottimi sul ghiaccio,
sul soffitto è presente una brina simile a quella del freezer,
è prodotta dal calore generato dai visitatori, proseguiamo
nel tunnel, la temperatura è fissa a -3°, a volte bisogna
chinarsi o contorcersi per superare qualche tratto più stretto,
come nelle grotte di calcare il ghiaccio forma stalattiti di grandi
dimensioni o delle forme rotonde trasparenti, all’interno
rimangono congelate pietre, terra, sembra di vedere i vari strati
di congelamento come in un albero tagliato si vedono gli anni di
vita, in una zona forse per una corrente d’aria ci sono stelle
di ghiaccio grandi come una mano sul soffitto, scendiamo ancora
un po’ e arriviamo a un laghetto ghiacciato, Stefano fa due
passi sopra ma non si fida, non conosce lo spessore del ghiaccio
cosi ritorniamo indietro, risaliamo all’esterno, fuori fa
molto più freddo.
L’indomani è domenica e approfitto dell’occasione
di visitare la chiesa per partecipare alla messa più a nord
del mondo, la chiesa si trova dall’altro lato del fiume che
divide il paese, anche se non è visibile perché è
ghiacciato, dopo aver lasciato stivali e giaccone nel guardaroba
si sale al primo piano di questa casetta, si praticamente è
una casa non una chiesa come siamo abituati a vedere, si entra in
una grande stanza con tanti tavolini, sedie, divani e il bar, questo
è anche un momento di incontro, nella stanza successiva un
piccolo altare e cinquanta posti a sedere.
La sorpresa è che in quel giorno si celebravano anche due
battesimi, alle Svalbard non nascono bambini perché l’ospedale
non è attrezzato, genitori e padrini erano vestiti in costume,
i bambini del posto cantavano canzoncine accompagnati da una chitarra
e un pianoforte, naturalmente non ho capito molto di quello che
dicevano in Norvegese, ma Amen e Alleluia sono uguali.
Dopo capita a fagiolo il rinfresco, dove mi intrufolo, la domenica
i bar aprono a mezzogiorno, comunque tutti erano ben accetti in
queste feste, anzi in paese erano appese locandine se solo avessi
capito cosa c’era scritto, diversi tipi di torta, caffè,
te, succhi erano a disposizione, faccio la conoscenza con altri
ospiti scoprendo che conoscevano anche Torino.
Ritorno all’ufficio turistico per visitare il museo (75 NOK)
il percorso inizia con la storia delle Svalbard, dei suoi esploratori
tra cui Umberto Nobile e il dirigibile Norge, della spedizione del
dirigibile Italia e la sua caduta nel 1928 sulla banchina polare,
ci sono ricostruzioni di abitazioni, il lavoro in miniera, la caccia,
la pesca, fauna e flora del posto.
Il lunedì era l’ultimo giorno, per fortuna il secondo
giorno sereno del mio periodo, avevo il mare a 100 mt. da casa,
mi vesto bene perché faceva abbastanza freddo -17° e
arrivo fino sulla riva, volevo vedere da vicino l’oceano Artico,
l’acqua scura e increspata fa da contrasto con la distesa
bianca e il cielo rosso e giallo, l’unico rumore che si sente
sono le onde che si infrangono sul ghiaccio della riva, la vista
si perde nell’infinito bianco, avrei camminato anche un ora
ma avevo addosso una sensazione di vulnerabilità, ogni tanto
mi guardavo le spalle, forse questa solitudine attorno creava questo,
anche se quello che vedevo era stupendo, poi anche il freddo si
faceva sentire, ormai avevo capito quanti secondi riuscivo a stare
senza guanti per fare le foto, anche la macchina aveva il suo tempo
di funzionamento poi non rispondeva più.
Arrivo nella strada centrale per un ultimo giro nei negozi, volevo
portare dei cioccolatini della mia città alla signora dove
avevo comprato due maglie, rimane a bocca aperta, non sapeva più
come ringraziare, mi regala un orsetto di vetro dicendomi quando
lo guardi pensa alle Svalbard, sicuramente non le dimenticherò
mai, e neanche le sua gente, semplice ma sincera e disponibile,
è un piccolo paradiso dove la serenità e l’onestà
esiste ancora, non era raro che incontravi persone per strada e
ti salutavano.
Al pomeriggio Stefano mi porta all’aeroporto, il più
piccolo visto finora, tutto organizzato per un aereo, il check in
nella Norvegia è stato sostituito dall’impronta digitale,
non più con la carta d’imbarco, al gate basta un dito
ed esce un foglietto con la tratta e il posto a sedere, facciamo
il solito scalo a Tromso però questa volta dobbiamo scendere
passare la dogana e rifare il check in perché le Svalbard
essendo Taxfree obbligano l’eventuale controllo acquisti,
arriviamo a Oslo verso le 19,30 dove passerò la notte, proseguo
poi con Brusselsairlines per Bruxelles (641 NOK) e riparto per Milano
(50 euro).
Chi raggiunge queste mete in inverno ha sicuramente una passione
per questi posti e vuole vederli nel loro momento più vero,
quando le condizioni sono al limite, i momenti difficili ci sono
ma si dimenticano subito e si è di nuovo pronti a ripartire,
le emozioni estreme che si provano sono più forti di qualsiasi
bufera, i paesaggi che si ammirano non fanno pensare che la luce
dura poche ore, il freddo artico insegna subito che bisogna essere
equipaggiati, lassù non si può improvvisare ma bisogna
stare alle regole della natura.
Arrivederci Svalbard, personalmente il prossimo anno cercherò
di superare il 78°, se sarà possibile, la sfida continua,
Paolo dunebuggy@inwind.it
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