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TURCHIA E GEORGIA

di Franco Zanghì

Il mio viaggio in Turchia inizia verso la metà di Luglio. Secondo le informazioni sul clima del paese, il periodo non è molto indicato. Il caldo potrebbe essere eccessivo.

Tuttavia non mi lascio scoraggiare da previsioni catastrofiche e parto per la porta d'Oriente. Sto viaggiando in direzione di Istambul. Mi trovo ancora nella parte europea della Turchia. La regione dei girasoli. Sulle spiagge alle porte di Marmara mi fermo a spiare le abitudini dei villeggianti turchi.

Pochi chilometri ancora e arrivo a Istambul. Sono sul Bosforo. Passato il ponte sarò in Asia. Sento chiaramente i battiti del mio cuore.

Sono a Istambul già da un paio d'ore. Mi godo la passeggiata sul Bosforo. Voglio raggiungere il centro di Istambul senza fretta, da domani avrò tutto il tempo.

Istambul conta quasi 14 milioni di abitanti. La città è situata al 47° parallelo dell'emisfero boreale. Esattamente all'altezza di Napoli. Poi vedremo più avanti che ci sono moltissime analogie tra le due città, o per meglio dire tra gli abitanti delle due città.

Qualcuno potrebbe non crederci, ma questo è un gelataio e quello è gelato. Qui aggiungono al gelato gomma arabica, ecco perché diventa attaccaticcio. Il gusto non è granché, ma per assistere allo spettacolo bisogna comprarne almeno uno. Il prezzo è decisamente alto. Con la stessa cifra si possono comprare quattro panini imbottiti o si può pagare un pranzo completo al ristorante.

Mi trovo ancora sulla sponda asiatica del Bosforo, passeggio tra negozi e bancarelle di una piccola zona commerciale. E' impressionante la cura con cui viene esposta la merce. Perfino le ciliegie vengono messe in bellavista ad una, ad una. Decidiamo di attraversare il canale.

Numerosi battelli fanno la spola tra le due sponde. Ai passeggeri vengono offerte infinite varietà di merce. Tra le quali non manca mai il ciay - il the. Raggiunta la parte occidentale della città, mi precipito all'interno del mercato egiziano. Una festival di colori e profumi orientali. Il mercato egiziano fu costruito con le tasse raccolte al Cairo, e doveva servire unicamente per la vendita di articoli egiziani, in particolare erbe e spezie. Ancora oggi, anche se in parte, viene mantenuto l'indirizzo originario.

Nelle stradine intorno al mercato si affollano venditori di ogni sorta di merce. Più in alto c'è il Gran Bazar"… è enorme… all'interno ci sono oltre 3 mila botteghe che caratterizzano questo gigantesco labirinto di stradine e passaggi. Qui si possono comprare liberamente le etichette false delle firme più prestigiose della moda internazionale.

E' quasi sera, ma c'è ancora tempo per visitare la moschea del sultano Ahmet. (Amet) detta anche Moschea Blu per il colore dominante delle maioliche che formano i rivestimenti.
La moschea di Sultanhamet è l'unica della Turchia ad avere ben sei minareti. Da qui ogni anno partivano le carovane dei pellegrini di Istambul diretti alla mecca.

L'indomani inizio la giornata con la visita di Santa Sofia.- Haghia Sofia: "la saggezza divina". Importante testimonianza della religione cristiana. Costantino il grande nel 325 costruì la prima Basilica. In seguito, dopo innumerevoli restauri e rimaneggiamenti, intorno al mille e quattrocento, vennero aggiunti alcuni minareti. Servì da moschea per oltre 500 anni, ma a causa di continue liti, tra quanti la volevano come chiesa cristiana e quanti solo come moschea, fecero prendere ad Ataturk, presidente a vita della nuova repubblica turca, la decisone di chiuderla ad ogni culto e trasformarla in museo.

Santa Sofia è considerata, per la sua grandezza, la quarta basilica al mondo dopo San Pietro a Roma, il Duomo di Milano e San Paolo a Londra.

Il problema più grande delle città antiche era quello dell'approvvigionamento idrico durante gli assedi. A questo scopo furono costruiti grandi cisterne. A Instambul uno degli esempi più grandi delle cisterne è noto col nome di "Yerebatan Sarnici" "cisterna sotterranea"- Un enorme serbatoio d'acqua, costruito nel sesto secolo, per rifornire il palazzo. La cisterna aveva una capacità di 80 mila metri cubi.

Tornato in superficie passo il tempo curiosando tra le viuzze del centro storico.

Istambul è l'unica città al mondo a cavallo di due continenti. La maggior parte della città è situata nella parte sud-orientale. Secondo la leggenda Istambul, un tempo Bisanzio, nacque intorno al 700 avanti Cristo. Bizas e i suoi compagni che abitavano nella città di Megera, nei pressi di Atene, si rivolsero all'oracolo di Delfi, perché volevano fondare una nuova città. L'oracolo disse loro di fondarla di fronte al paese dei ciechi.
I megaresi camminarono per giorni e giorni, fino a giungere a Saray sulla sponda occidentale del Bosforo e da lì videro sulla sponda opposta Kadikoy - Calcedonia, che era una colonia fenicia.
Stupiti per il fatto che i loro predecessori non avevano notato questo magnifico posto, dissero: eccolo il paese dei ciechi di cui parlava l'oracolo!
E quindi tra il corno d'oro e il promontorio di Lygos fondarono la nuova città a cui diedero il nome di Bizantino, in onore dei loro capi: Bizas e Tion. Biazantion.

Dall'inizio della sua storia Bisanzio fu un importante centro di commercio. Costantino il Grande la proclamò nuova capitale dell'impero Romano e
Bisanzio cambiò nome divenendo Costantinopoli. Nel 1453 i turchi conquistarono la città… da allora il suo nome è Istambul.

Oggi volevo visitare il Palazzo Tophapi, ma è giusto il giorno di chiusura. Lascio momentaneamente Istambul e raggiungo le Isole dei principi. Sono situate nel Mar di Marmara, ad una ventina di chilometri dalla città. Il battello ci impiega meno di un'ora.
Un arcipelago di quattro isole abitate e di altre cinque isole minori disabitate. In passato furono chiamate isole del Popolo e in epoca bizantina: isole dei preti, per via dei numerosi chiostri. I turchi in principio li chiamarono "Kizil Adalar" isole rosse, come i colore dominante della terra di queste isole. In seguito, grazie alla vicinanza con la città, i nobili dell'epoca vi stabilirono le loro dimore estive. Da qui il nome "Isole dei Principi".

Tornato a Istambul, avverto la sensazione di conoscere meglio la città. Voglio arrivare in centro con la mia automobile. Arrivo facilmente nella piazza tra Santa Sofia e la moschea blu. Parcheggio e inizio la visita del palazzo di Topkapi.
Si tratta della costruzione più estesa dell'architettura turca. Un insieme di cortili, chiostri, moschee, fontane e giardini che ricoprono 700 mila metri quadri.

Il palazzo Topkapi, costruito intorno al 15 secolo da Maometto II, fu residenza ufficiale dei sultani fino al 1839. Nel periodo d'oro dell'impero vi abitavano oltre 4 mila persone. All'interno vi è un importantissimo museo e vi sono esposti, tra l'altro, i gioielli dei sultani, compreso un enorme diamante di 86 carati.
Veramente mi avevano vietato di filmare, ma approfitto della distrazione della guardia e riesco a rubare qualche immagine. Noi italiani ci facciamo sempre riconoscere!

DAI DARDANELLI A PAMUKKALE

Dopo una settimana passata ad Istambul il mio viaggio in Turchia prosegue.

Torno verso Ovest e punto sullo stretto dei Dardanelli, sono diretto alla penisola di Gallipoli. Arrivato a Eceabat mi imbarco su un traghetto che in pochi minuti raggiungerà Cannakale sulla sponda opposta dei Dardanelli. Lo stretto dei Dardanelli, nella sua parte più stretta è largo poco più di un chilometro.

Nel 480 avanti cristo, il re dei Persi fece costruire due ponti sui quali fece passare il suo esercito Diretto in Europa.
Alessandro Magno, un secolo e mezzo più tardi lo attraverso in senso opposto, la stessa cosa fece Federico Barbarossa quasi 10 secoli dopo, con la terza crociata. E poi ancora i turchi ottomani lo attraversarono sulle zattere, quando misero piede per la prima volta in Europa.

Oggi tocca a me, lo attraverso comodamente su un traghetto spendendo meno di 5 euro! Sulla sponda opposta si trova la città di Cannakale. La città meriterebbe una visita, ma io sono diretto a Troia e non mi lascio tentare.

Arrivato a Troia la mia attenzione viene attirata dal mitico cavallo. Si tratta di una ricostruzione fatta di recente, ma sufficiente a farmi ricordare i giorni felici delle scuole medie. Mi torna in mente la mia cara professoressa di lettere. Per il resto il sito archeologico non mi procura particolari emozioni.

Lasciata Troia continuo il mio viaggio verso est, sulla costa dell'Egeo. Qui il caldo è veramente insopportabile. Quasi tutti i punti di ristoro che trovo sulla strada mantengono enormi getti d'acqua. Una specie di docce giganti, poi scopro che si tratta di veri propri doccioni sotto i quali è possibile rinfrescare le roventi lamiere delle macchine. Naturalmente non mi lascio pregare!

Passerò la notte nella vecchia Smirne. La terza grande città della Turchia che conta oltre 2 milioni di abitanti.

La mattina mi dirigo a Efeso. Uno dei siti archeologici della Turchia meglio conservati. Efeso ha una lunga storia, si pensa che sia stata fondata dagli Ioni intorno al 9° secolo avanti Cristo.

Secondo la leggenda Androclo figlio di Codro, consultando l'oracolo di Delfi fu avvisato del fatto che avrebbe costruito una nuova città nel posto che gli sarebbe stato indicato dal pesce e dal cinghiale. Un giorno mentre alcuni pescatori friggevano del pesce il fuoco raggiunse un bosco nelle vicinanze da dove videro scappare un cinghiale. Androclo ripensando alle parole dell'Oracolo capì di trovarsi nel posto di cui gli aveva parlato e decise di fondare qui la città di Efeso.

Dopo alterne vicende Efeso cadde in mano romana nel 190 avanti Cristo e divenne la capitale della provincia d'Asia e il più grande centro di commercio dell'Asia minore. In quel periodo la città contava oltre 250 mila abitanti, tutto quello che è possibile vedere oggi, risale a quell'epoca.
Qui vi abitò l'apostolo Giovanni per ben tre anni nel corso del suo terzo viaggio di Missione. Fu probabilmente questo il viaggio in cui accompagnò la Madonna, scrisse il suo Vangelo e vi morì. Sopra la sua tomba, più tardi, Giustiniano costruì la grande basilica di San Giovanni.
Poco distante da qui si trova la casa della Vergine. Secondo la credenza la Madonna morì all'età di 63 anni a Gerasuraemme, dove si troverebbe la sua tomba. Ma nel 431, durante il terzo concilio tenutosi ad Efeso fu dichiarato che Maria venne qui con San Giovanni e tra il 37 e il 48 visse e morì in questa città. Si tratta di una pura teoria, ma non vi è nulla che possa impedirci di credere che le cose siano andate realmente così. Oggi la casa della Madonna è luogo di pellegrinaggio per i cristiani, ma non mancano di visitare questo luogo anche molti musulmani. I pellegrini lasciano, messaggi, suppliche, preghiere, implorazioni scritti su pezzetti carta e affidati alla volontà della madre di Cristo.

Il viaggio sulla costa dell'Egeo prosegue, lasciati i luoghi mistici di Efeso, arrivo nella caotica Bodrum. La cittadina turistica sul mare, è una copia della vicinissima isola greca di koos. Un posto per chi ama il trambusto, la musica frastornante di decine e decine di locali notturni. Una città ad uso e consumo del turismo di massa. Può essere un'utile ed economica alternativa all'isola greca di Koos. Peraltro da qui ogni giorno partono battelli per la vicina isola d'Ippocrate.

Lascio presto la caotica Bodrum e raggiungo un posto unico al mondo. Pammukale. Una meraviglia della natura unica al mondo.

La caratteristica di questa zona è una sorgente di acqua termale ad alto contenuto di calcio. Anticamente veniva chiamata Hierapolis.

Per capire come si sia potuto formare tutto questo bisogna leggere qualche complicata e poco romantica nota di chimica. Ma a me basta sapere che si tratta di carbonato di calcio.

Le acque termali che hanno costruito questo insieme di terrazze hanno ispirato la popolazione locale a dare il nome di Pamukkale " Castello di Cotone" . Un luogo di incomparabile bellezza.

La Turchia è ricca di leggende e naturalmente per Pamukkale non poteva non essercene una: Quando il bel pastore Endimione si addormentò in mezzo al suo gregge, la dea della luna, Selene scese vicino a lui. Per la felicità di stare con la dea Selene, il pastore dimenticò di mungere le sue mucche ed il latte si sparse dappertutto.

Visto da lontano si ha l'impressione che la collina sia coperta di neve e ghiaccio. Solo arrivando vicino si comprende che tutto è pietra. Marmo.

La sera ottengo facilmente il permesso per fare campeggio libero proprio d'avanti al castello di cotone. Mi preparo un tipico piatto nostrano. Passare la notte in posto cosi? Credo che non avrei potuto chiedere di più alla fortuna!

La mattina faccio un giro nelle vicinanze. E' eccezionale! Il sito archeologico è cosi vasto che è consentito attraversarlo in automobile. Hierapolis molto prospera nel periodo romano, inizio a perdere le proprie ricchezze nel periodo bizantino. A partire dal 11° secolo fu bersaglio dei turchi selgiuchidi. Nel 14° secolo fu luogo della battaglia tra i turchi e i bizzantini. La città fu interamente distrutta e il popolo si disperse nei piccoli villaggi delle zone circostanti. Da allora la gente, di tanto intanto, veniva qui solamente per passeggiare e per ammirare il paesaggio di Pamukkale. Sotto il candido travertino sono sepolte le origini di questa grande e importante città del passato. Per portare alla luce la storia pre-ellenistica di Hierapolis bisognerebbe scavare sotto questa distesa di latte pietrificato. Una scelta non certo facile!

Nei pressi di Pamukkale c'è un'altra sorgente di acque minerali della stessa composizione di quelle che formano il castello di cotone, ma la temperatura qui però è più alta ed arriva fino a 56 gradi. Questo fa si che la colorazione delle rocce circostanti assuma un colore che in particolari periodi dell'anno varia dal giallo al rosso vivo.

Mi convinco che queste acque racchiudano in se tutto il mistero della Turchia.

DA ANTALIA ALLA CAPPADOCIA

Nuovamente sulla costa. La meta è Antalya, la città dal clima tropicale.

La catena delle montagne del Tauro che circonda il golfo di Antalia forma una barriera naturale contro i venti del nord. Qui l'estate dura per tre quarti dell'anno. I fiumi e le rive del mare sono ricchi di pesci, nelle campagne abbondano i giardini e le piantagioni di frutta. Se poi consideriamo la naturale bellezza del paesaggio e chiaro che qui non potranno mai mancare i turisti di ogni tipo. Nel 1918 la città venne occupata dagli italiani che avanzarono nell'interno della Turchia fino a Konia, circa 100 chilometri a nord della costa. Si ritirarono - loro dicono - in cambio di concessioni economiche nel 1921.

La città deve la sua esistenza all'acqua del Duden Ciay e io vado a godermi lo spettacolo dell'omonima cascata a soli 10 chilometri della città.

E dalla cascata di Duden mi sposto volentieri a quella di Manavgat, circa 70 chilometri da Antalya. Non è alta come quella di Duden, ma per il volume di acqua portata è uno spettacolo da non perdere. Qui è possibile mangiare le trote appena pescate direttamente dalla cascata - Questo è quanto dicono i ristoratori del posto.

Continuo a spostarmi verso est, a dimostrazione del fatto che qui il clima è veramente tropicale, le sterminate coltivazioni di banani.

Sulle strade della Turchia, si vedono spesso queste automobili distrutte messe in bella vista. Ci sono anche dei cartelli, mi fermo e cerco di capire di più: servono da deterrente a quanti non effettuano una guida prudente. In pratica c'è scritto qualcosa del tipo: se non vuoi fare la stessa fine, con la tua auto, cerca di non correre!

Sono in un campeggio di Aidincik. Faccio amicizia con Mohamed che è qui in vacanza con la famiglia. Passiamo la giornata a scambiarci caffè italiano e Ciay. Io faccio il bullo con la mia inseparabile moka e lui si vanta di conoscere tutti i tipi di tabacco turco.

Domani però dovremo lasciarci. Mi dirigerò verso l'interno della Turchia, la prossima tappa è la Cappadocia.

Arrivato a Ucisar vengo catturato da un commerciante di tappeti che mi costringe a bere caffè italiano preparato da lui. Mi mostra orgoglioso la sua collezione di caffettiere. Qui la gente è di una ospitalità straordinaria.

La Cappadocia ha un paesaggio incredibile, è magnifico poter vedere come la pioggia, la neve, il vento e il sole abbiano modellato queste rocce. A 50 chilometri a sud di questa regione vi è un vulcano alto quasi 4 mila metri. Il monte Erciyes. Le violente eruzioni di questo vulcano hanno causato la sedimentazione di enormi strati di cenere che si sono col tempo consolidati. In seguito l'uomo ed altri eventi naturali hanno modellato queste rocce in paesaggio unico.

Nonostante la regione venga raggiunta regolarmente da migliaia di turisti, l'economia del posto stenta a decollare.
La gente sembra non voler approfittare del momento favorevole. La zona è disseminata di artigiani veri, che producono manualmente meravigliosi tappeti e altri oggetti che i turisti non disdegnerebbero di acquistare, ma bisogna ricercarli con tenacia.

I primi cristiani ed evangelizzatori che si stabilirono nella regione, scavarono e modellarono nella roccia un'infinità di chiesette.

E' straordinario, posso girare liberamente con l'automobile in questo straordinario paesaggio. La sensazione che anch'io, in questo momento ne faccio parte, mi provoca un'emozione immensa. Alcune di queste grotte sono state abitate fino a pochi decenni fa. Tuttora alcune famiglie vi abitano. Le piccole valli circondate da queste montagnole, perlopiù a forma di funghi, sono ricche di giardini ed alberi da frutta.

Graziosi anche i paesini e i villaggi della regione. In particolare Goreme, Ucisar, Nevsceìr , Pasciabag, Avanos, Urgup. Tutta la regione è ricoperta di questi bizzarri monumenti della natura. Mi fermo ad ammirare alcune donne impegnate nella tessitura di tappeti. Più avanti invece, mio malgrado, devo assistere ad uno degli aspetti certamente negativi della cosiddetta globalizzazione.

La definizione più ricorrente che mi viene in mente viaggiando in questo posto è: straordinario… straordinario...

KURDISTAN

Dopo gli incantevoli paesaggi della cappadocia il mio viaggio in Turchia continua. Sono nel Kurdistan.

Veramente le autorità turche preferiscono chiamare la zona col nome di Anatolia sud- orientale, mentre le persone che via abitano vengono chiamati i turchi delle montagne. Loro,... le persone del luogo,… a bassa voce, mi dicono di essere kurde ed è così che io preferisco chiamarle.

Sulla strada verso Mardin, mi colpiscono le sagome di strani oggetti, non riesco a comprenderne l'impiego a cui sono destinati. In principio mi sembrano delle giare. Più avanti vedo alcune donne impegnate nella costruzione di questi particolari manufatti in argilla. Mi fermo a dare un'occhiata da vicino. Dapprima sembra che non si fidino e la mia presenza le infastidisce, ma poi mi fanno capire che si tratta di forni per cuocere il pane. Ho visto qualcosa in televisione, ma non ho ancora le idee molto chiare. Spero di poterne sapere di più strada facendo.

Passato Mardin, la strada si snoda lungo il confine con la Siria. Chilometri di filo spinato e ricorrenti posti di guardia.

Il caldo è cocente. Raramente si incontrano automobili. In compenso non mancano i camion, soprattutto autobotti per il trasporto di benzina.

Questo paesaggio mi ricorda le terribili immagini della guerra in Iraq del 92' , ma questi, per fortuna sono solo camion in rottamazione.

Il mio pensiero alla guerra in Iraq non era immotivato. Qui la zona brulica di militari. Ecco il motivo che mi ha fatto pensare alla guerra.
Mi fermano ad un posto di blocco, prima di arrivare in città. Acconsentono a farmi passare, ma mi avvisano che se faccio fotografie o riprese ad un solo soldato o ad una postazione militare, mi sequestrano tutto il materiale girato e, mi fanno capire chiaramente, anzi, quasi mi minacciano, che mi metterò nei guai.

L'indomani, però, cambiano idea, mi fermano e mi invitano a lasciare la zona. Insisto per continuare il viaggio! Dopo interminabili discussioni, mi avvisano che tra le montagne si nascondono i terroristi del P.K.K. Dicono di agire per la mia incolumità. Nessuno di loro è disposto a prendersi la responsabilità e mi fanno girare da un comando all'altro. Alla fine mi portano dal più alto in grado della regione e riesco a raggiungere un accordo.
Mi rilasciano una specie di permesso, ma mi fanno firmare una dichiarazione. Dovrò mettere per iscritto che non intendo filmare militari, postazioni e nemmeno le montagne.

Ad ogni incrocio mi controllano il materiale girato. Ore e ore passate ai continui posti di blocco.

Finalmente arrivo a Cirze, i Kurdi mi accolgono bene e mi offrono subito la loro amicizia. Solo che ogni volta arriva la polizia e li fa allontanare.

Qui incontro Hakim, uno studente Kurdo che parla bene l'inglese. Gli chiedo di farmi da guida e non se lo fa chiedere due volte. Riesco ad ottenere un permesso anche per lui. Mi accompagna a vedere il mausoleo dove, secondo la credenza locale, c'è sepolto Noè. Questa è la tomba del profeta Noè.

Nella stessa area c'è la principale moschea di Cirze. Più tardi visitiamo il piccolo museo di cultura mesopotamica. Hakim mi mostra, spiegandomene il funzionamento, un abaco, una sorta di calcolatrice che in alcune zone continua ad essere ancora usato.

Nonostante qui ci siano infiniti elementi per attirare turisti da ogni parte del mondo, la situazione politica e la volontà delle autorità turche concorrono perché nessuno venga da queste parti.

All'ora di pranzo Hakim mi fa assaggiare un tipico cibo Kurdo a base di miele e grano. Poi Hakim mi accompagna sulle rive del Tigri, per i ragazzini, già in festa, il nostro arrivo diventa una buona occasione per esibirsi.

Convinco Hakim ad accompagnarmi ancora per un po'. Più avanti mi fermo attratto da una specie di lido sul fiume. L'hanno costruito gli uomini del vicino villaggio, per godersi un po' di refrigerio durante le calde giornate estive.

Proseguiamo verso Scirnak, letteralmente: la città di Noè. Qui approfitto per farmi riparare una gomma del fuoristrada. Nel resto della città non è consentito fare riprese. Sarebbe impossibile non inquadrare soldati.

Fu su queste montagne, mi dice Hakim, che Noè con la sua arca, rivide la terra dopo il lunghi giorni di diluvio.
Lascio Hakim al suo villaggio e continuo in direzione di Hakkari. Sulla strada incontro i profughi Kurdi dell'ultima guerra in Iraq.

Quando arrivo nel prossimo villaggio è già sera. C'è una piccola locanda. Mi fermo qui a mangiare. Fegato d'agnello fritto con pomodori e peperoncino. Piccante, ma molto buono. La notizia che alla locanda ci sono forestieri, si diffonde velocemente nel villaggio. In pochi minuti il posto si riempie di persone. Mi raccontano la storia del loro popolo e le continue persecuzioni. Molti hanno lasciato recentemente l'Iraq e hanno passato il vicino confine. Mi mostrano sulla cartina quello che un tempo era il loro stato. Adesso diviso e occupato da Siria, Iraq, Iran e Turchia.

Non smettono di farmi bere the. Io, come al solito, ricambio con caffè italiano. Sorprendo Madash a sognare sfogliano le pagine del mio atlante geografico. A lui come quasi a tutti i Kurdi, non gli viene rilasciato il passaporto. Sogna di lasciare il suo paese, ma sa già che rimarrà solo un sogno…

Poi mi invita a dormire a casa sua. Accetto e passo la notte a casa del mio nuovo amico Kurdo.

La mattina quando mi sveglio le donne stanno preparando il forno, voglio assistere alla preparazione del pane, ma c'è il tempo per fare colazione.

La rituale preparazione del pane è momento di aggregazione delle ragazze del villaggio. Il forno è in comune per le case del vicinato. Il pane, sia nella preparazione che nella forma, assomiglia alla nostra pizza. Finalmente comprendo come vengono utilizzati i forni d'argilla che ho visto fabbricare al mio arrivo nel Kurdstan.

Dopo il pane, i ragazzini mi accompagnano a visitare tutto il villaggio. Tutti vogliono offrirmi del the. Ma dopo una mezza dozzina di bicchieri sento che comincio a traballare, ma per il timore di apparire irriverente accetto tutte le offerte. Gli anziani del villaggio mi invitano a passare da loro. Ancora the. Mi chiedono cosa pensano in Europa della Turchia e della questione kurda.
Vogliono sapere se i turchi entreranno in Europa. Francamente non so che rispondere, mi limito a dire che penso che in futuro la loro condizione potrà migliorare.

Il tigri attraversa impetuoso queste valli. Mi piace fermarmi nei villaggi che incontro. Le persone si dimostrano subito amici.

Arrivato ad Hakkari, la polizia sa già della mia presenza. Mi attendono una decina di agenti in borghese. Con tatto e gentilezza mi ricordano le regole e mi dicono che posso visitare la città solo facendomi accompagnare da loro.
Visito una sala da gioco. Il loro passatempo è giocare ad una specie di "scala 40", solo che invece delle carte utilizzano delle tavolette simili al domino. I poliziotti che subito mi erano apparsi antipatici, si rivelano dei buoni amici. Mi accompagnano nel miglior negozio di tappeti e trattano loro per me il prezzo. Compro uno di questi tappeti con l'equivalente di 15 Euro. Anche l'artigianato locale è pregevole.

L'automobile che mi precede è della polizia, dietro ce ne un'altra. Mi stanno accompagnando alla cooperativa dei produttori di tappeti.
E' sabato pomeriggio e purtroppo è chiusa. Peccato.

Alla fine anche il capo del gruppo di poliziotti si rasserena e come segno d'amicizia mi concede di filmarlo. Mi concede anche di filmare le montagne.

Lasciate le montagne dell'Anatolia sud-orientale mi dirigo a nord. La regione è ricca d'acqua, è da queste montagne che nasce il fiume Tigri, che insieme all'Eufrate hanno alimentato la regione dell'antica Mesopotamia.

In serata sono a Van, sull'omonimo lago. Faccio amicizia con un ragazzo del luogo che mi fa fare un giro con la sua moto. Raccolgo nuove informazioni su altri luoghi che desidero visitare. Anche questo è Kurdstan, ma qui le popolazioni sembrano più o meno integrate.

ARARAT E GEORGIA

Siamo in Turchia ormai da alcune settimane, siamo stati nel cuore del Kurdstan turco. Ma anche questo è Kurdstan, la popolazione, però, a differenza di quella del sud, si è integrata ed ha accettato le condizioni di vita offerte dal governo turco. Insieme pare che abbiano raggiunto un quieto vivere. Certo, rispetto alla parte occidentale della Turchia, qui c'è ancora una diffusa povertà, ma le gente sembra condurre una vita tranquilla.

Attraversiamo la zona vulcanica nel pressi del monte Ararat. Alcuni archeologi, in contraddizione con quanto raccontano gli abitanti del territorio, sostengono che tra i ghiacci perenni della montagna più alta della Turchia siano ancora conservati i resti dell'Arca di Noè.

Proseguiamo verso la costa, nella notte sulla zona si è abbattuto un violento temporale. Le strade sono un disastro.

Finalmente arriviamo sulla costa del nord. Vorremmo passare il confine e arrivare nella Georgia. Abbiamo bisogno però del visto che possiamo comprare solo a Trebisonda, 200 chilometri più a ovest. Puntiamo verso ponente e raggiungiamo Trebisonda. Il consolato apre solo tra un paio d'ore, approfittiamo per fare un giro nella città.

Ottenuto il visto torniamo verso Est e nel pomeriggio siamo in Georgia nei pressi di Batum sulle coste del Mar Nero.

Visitiamo subito il centro della città e ci precipitiamo all'interno dei mercati generali. Prima della caduta del muro di Berlino, la Georgia era uno tra i paesi più ricchi e floridi dell'impero sovietico. Oggi regna l'anarchia più assoluta.

La polizia ci ferma continuamente, ma l'unico scopo è quello di racimolare qualche mazzetta. Dopo di che diventano ottimi amici. Come questi. Mettiamo la benzina nella loro macchina (la macchina di servizio) e facciamo un giro turistico della città. E' incredibile! Ci lasciano guidare la macchina della polizia.

L'indomani, decidiamo di fare una visita approfondita della città. Per evitare di essere infastiditi continuamente dalla polizia, prendiamo un taxi.

Il tassista ci chiede timidamente un acconto per mettere la benzina. Visitiamo l'acquario e altri luoghi caratteristici della città.

Nel pomeriggio usciamo fuori città e andiamo a visitare l'orto botanico. Il clima favorevole della regione ha fatto si che qui potessero crescere alberi e piante provenienti da ogni parte del mondo.

Il Paese non si presenta per niente male, tuttavia, a causa dei continui fastidi che ci crea la polizia, al solo scopo di tentare di estorcerci qualche soldo, ci fanno cambiare itinerario e quindi decidiamo di tornare in Turchia.
Siamo ad Ankara. Il 23 aprile del 1920 Mustafà Kemal, il futuro Ataturk decise di riunire la prima Assemblea Nazionale ad Ankara. Da allora la città, che all'epoca era poco più di un villaggio, divenne la capitale della Turchia. Fu deciso di stabilire qui la sede del governo del paese, solo per la sua posizione geografica al centro dell'Anatolia. Da allora la città si è costantemente ingrandita e oggi conta oltre 5 milioni di abitanti.

Visitiamo il mausoleo di Ataturk, Mustafà Kemal nacque a Salonicco, nel 1881. Fu valoroso comandante ed eroe nella 2° guerra mondiale nei Dardanelli e nel 1923 fu eletto presidente a vita della Turchia. Mustafa Kemal detto Atatürk, 'padre turco' diede il via all'impegnativo programma di ricostruzione della società turca.
Negli anni in cui rimase al potere, fino al 1938, fu redatta la costituzione, furono aboliti la poligamia e il fez, simbolo dell'arretratezza ottomana, fu soppressa la religione di stato, si estese alle donne il suffragio e il diritto di eleggibilità.
Ancora oggi Atatürk è un eroe nazionale: in ogni angolo del paese si vedono statue e fotografie e ci sono leggi speciali che puniscono le ingiurie contro questo semidio. Ataturk morì a Istambul all'età di 57 anni.

Da Ankara ci spostiamo a Eskisceir, la città della "schiuma di mare". Secondo le nostre informazioni qui si fabbricano le prestigiose pipe di schiuma di mare. Un particolare minerale che si estrae dal sottosuolo nella periferia di questa città.
Veramente ci aspettavamo di vedere negozi di pipe ad ogni angolo. Invece nulla di tutto questo. Addirittura ci viene il dubbio di aver sbagliato città

Poi invece ci dicono che i pochi artigiani esistenti si sono trasferiti in un centro commerciale.

Finalmente troviamo una vetrina dove ci sono esposte queste stupende pipe ed altri oggetti in schiuma di mare. Nel retro gli artigiani che modellano questo materiale a base di magnesio e silicati. Riusciamo a parlare col proprietario del laboratorio artigianale. Ci racconta la storia di queste pipe. Ci dice che le proprietà di questo materiale, che si addolcisce al contatto con l'acqua, sono state apprezzate a partire dal mille e settecento. Furono gli austriaci ad utilizzarlo per primi come materia prima per la costruzione delle pipe. Per oltre due secoli i turchi esportavano in Austria solo il materiale grezzo. In seguito Ataturk, vedendo che anche abili artigiani turchi potevano modellare pregevoli oggetti vietò l'esportazione del materiale grezzo. Oggi le preziose pipe in "schiuma di mare" vengono prodotte solo in questa città da una ventina di artigiani in tutto.

Secondo la credenza popolare, questo minerale si è formato con la schiuma delle acque del mare che un tempo sommergeva la regione. Qui termina il nostro viaggio in Turchia. Abbiamo speso una bella somma, ma adesso ci sentiamo più ricchi.


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